
Muore sulle piste da sci. A processo i tre gestori
I vertici della società che gestisce gli impianti sciistici di Madonna di Campiglio sotto accusa, per la morte della 25enne civitanovese Cristina Cesari. Il tribunale di Trento ha disposto infatti l’imputazione coatta, accogliendo le ragioni esposte dalla famiglia della ragazza, e ora in tre saranno processati. L’incidente era avvenuto il 13 febbraio 2020, lungo la pista chiamata "Nube d’oro". Cristina Cesari, assicuratrice con il padre, conosciutissima in città per la sua simpatia e vitalità, come sempre aveva deciso di passare una settimana sulla neve a Madonna di Campiglio. Esperta sciatrice, quel giorno, percorrendo una tra le piste di maggior difficoltà, era scivolata in un’altra più ripida, la cosiddetta "variante Marchi": non c’erano recinzioni che potessero evitare la caduta, e l’impatto fu fatale per la ragazza, nonostante il casco. Dopo l’incidente, erano stati indagati l’ingegnere Sergio Collini, presidente del Cda della società Funivie Madonna di Campiglio, Francesco Bosco, direttore della stessa società fino a maggio 2020, e Mauro Maffei, responsabile della manutenzione dei tracciati sciistici della stessa società. Per tre volte la procura aveva chiesto l’archiviazione delle accuse, spingendo la famiglia della ragazza – assistita dagli avvocati Gabriele Cofanelli di Macerata e Flavio Moccia di Bolzano – a insistere affinché si arrivasse al processo per gli indagati, per accertare se le loro condotte avessero avuto un ruolo nella morte della 25enne. In particolare l’avvocato Cofanelli aveva sottolineato la mancanza di una specifica ed esauriente valutazione del rischio, cosa che avrebbe potuto scongiurare l’incidente fatale.
Al termine dell’udienza di opposizione all’archiviazione, ieri il giudice per le indagini preliminari ha accolto totalmente l’impostazione degli avvocati della famiglia Cesari, disponendo l’imputazione coatta, in pratica imponendo alla procura di formulare un ufficiale atto di incolpazione: i tre soggetti dunque saranno processati con l’accusa di omicidio colposo. Dopo tre anni, cinque perizie tecniche di diverso contenuto, alcuni interrogatori e una serie di memorie difensive, il risultato raggiunto e soprattutto la ferma volontà della famiglia Cesari di raggiungere la verità su quanto accaduto, permetteranno che si svolga un processo penale, come era giusto che fosse, per accertare le responsabilità sull’incidente costato la vita alla ragazza. Legittima soddisfazione è stata espressa dagli avvocati Cofanelli e Moccia per la correttezza e, per alcuni versi, anche per il coraggio e l’onestà intellettuale mostrati dal giudice per le indagini preliminari nell’affrontare una vicenda così complessa e dai molteplici risvolti.