PAOLA PAGNANELLI
Cronaca

“Morta per una diagnosi sbagliata”: chiesto risarcimento di 1,1 milioni all’Ast

I familiari di Maria Assunta Cataldi portano l’azienda sanitaria in tribunale. "Tenuta per sette ore al pronto soccorso e rimandata a casa: sarebbe bastato che qualcuno la ascoltasse. Mia madre poteva essere salvata"

I familiari di Maria Assunta Cataldi hanno fatto ricorso alle vie legali con gli avvocati Alfonso Valori e Isolina Caldarelli

I familiari di Maria Assunta Cataldi hanno fatto ricorso alle vie legali con gli avvocati Alfonso Valori e Isolina Caldarelli

Macerata, 30 maggio 2024 – “Tenuta sette ore al pronto soccorso e rimandata a casa senza che nessuno capisse cosa aveva, mia madre è morta di setticemia. Ma avrebbe potuto essere salvata". La maceratese Eleonora Iacobucci racconta quanto accaduto a sua madre, la 72enne Maria Assunta Cataldi. Con la sorella Arianna, il padre Francesco Iacobucci e gli zii Teresa Vittoria Cataldi e Gabriele Roccardo, si è rivolta agli avvocati Alfonso Valori e Isolina Caldarelli, e dopo aver acquisito le consulenze tecniche i familiari chiedono all’Ast un risarcimento di oltre un milione di euro.

“La mattina del 23 aprile dell’anno scorso – ha riferito l’avvocato Valori, con i familiari della defunta – Maria Assunta Cataldi ha forti dolori alla bocca dello stomaco. La figlia chiama il 118, spiegando anche che la madre, che era più che in buone condizioni di salute, in passato aveva sofferto di calcoli alla colecisti". La 72enne viene dunque portata in ambulanza al pronto soccorso, "dove le viene dato un codice di priorità azzurro. A motivo del ricovero si indica la colica biliare in paziente con diagnosi, segnalando come problema principale il dolore addominale". Cataldi, tra l’altro piuttosto conosciuta come ex dipendente delle Poste e per il suo impegno con l’Ambalt, rimane al pronto soccorso per sette ore. "Viene sottoposta a prelievi di sangue, dai quali risulta una infiammazione, mentre l’ecografia conferma la presenza dei calcoli alla colecisti, senza localizzare alcuna infiammazione". Alla paziente vengono dati un gastroprotettore e un antidolorifico. "Nel pomeriggio – ha aggiunto l’avvocato Valori – viene dimessa con la diagnosi di colica biliare litiasica, senza alcuna indicazione nel caso il dolore continuasse". Ma la donna sta sempre peggio: ha difficoltà a respirare, e sente dolori fortissimi. Alle 6.30 del 24 aprile, la figlia chiama il 118: "In ambulanza c’era solo il personale volontario. Ho richiamato perché qualcuno venisse a visitarla, allora mi mettono in contatto con la guardia medica che dispone la consulenza urgente al pronto soccorso".

La pensionata arriva in ospedale poco prima delle 8, le danno il codice arancione. "Il medico di turno – ha detto ancora l’avvocato Valori – riscontra il grave stato di shock con acidosi metabolica e infezione grave, formula la diagnosi di addome acuto e richiede la Tac, da cui emerge la perforazione gastrica". Cataldi viene operata d’urgenza, ma ha una peritonite diffusa. Viene ricoverata in rianimazione e operata altre due volte, ma purtroppo il 15 maggio la donna muore.

"Mia madre stava benissimo, è rimasta sempre lucida durante il primo accesso al pronto soccorso, sarebbe bastato che qualcuno la ascoltasse – ha riferito Eleonora Iacobucci –. Invece nessuno è venuto a vederla, e quando poi l’hanno ricoverata non facevano che ripeterci che ormai era tardi. A mia madre sono stati tolti anche il rispetto e la dignità". Gli avvocati Valori e Caldarelli hanno chiesto le consulenze al medico legale Emanuele Simonetti e al professor Roberto Cirocchi, secondo i quali i sintomi avrebbero dovuto subito far pensare a un addome acuto, e richiedere altri esami. Se poi non fosse stata dimessa, forse la peritonite sarebbe stata accertata prima dello shock. Alla luce di questo, i familiari hanno chiesto all’Ast un risarcimento di un milione e centomila euro per la perdita della congiunta. Ora partirà un contenzioso civile, per accertare come siano andate le cose.