ALESSANDRO FELIZIANI
Cronaca

"Medico, caricaturista e sindaco di Tolentino. Luigi Mari, mio padre"

A 50 anni dalla morte, la figlia Stefania ricorda l’eclettico personaggio "Nel 1935 fu richiamato come dottore in Etiopia: lì nacquero i miei fratelli".

"Medico, caricaturista e sindaco di Tolentino. Luigi Mari, mio padre"

A 50 anni dalla morte, la figlia Stefania ricorda l’eclettico personaggio "Nel 1935 fu richiamato come dottore in Etiopia: lì nacquero i miei fratelli".

Disse di aver imparato l’arte del disegno ancor prima di imparare a scrivere e, arrivato all’età di 66 anni, si definì "medico anziano e anziano pittore". La passione per l’arte e l’amore per la medicina aiutarono il tolentinate Luigi Mari (1907-1974) a essere anche lo stimato sindaco della città, che egli seppe "curare" dalle ferite della seconda guerra mondiale, disegnandone il futuro sviluppo economico e culturale. A cinquant’anni dalla sua morte sono ormai pochissimi coloro che a Tolentino lo ricordano come medico di famiglia e ancora meno coloro che possono testimoniare la sua disponibilità ad accogliere quanti si rivolgevano al suo ufficio in municipio per esporre un problema, per ricevere un aiuto o per chiedere un consiglio. I più, in Italia e all’estero, lo ricordano come pittore ritrattista e caricaturista, nonché come ideatore della Biennale internazionale dell’umorismo nell’arte.

Signora Stefania, per lei chi era suo padre?

"Una persona speciale, di rara umanità, dinamica, ottimista, sempre serena e di buon umore".

È stato più medico, artista o amministratore pubblico?

"Tutto questo e anche di più. Impossibile scindere, in ogni suo ruolo si riscontrano aspetti della sua vulcanica personalità. Mi sono sempre meravigliata di come riuscisse a occuparsi di tutto, senza trascurare nulla".

Neanche la famiglia?

"Assolutamente no. Poco presente fisicamente in casa, ma mai assente come marito e padre. Pensi, quando rientrava tardi dall’ambulatorio o dal municipio e noi figli avevano già pranzato, ci voleva ugualmente accanto a lui. A me, che ero la più piccola, mi teneva seduta sulle sue ginocchia mentre mangiava".

Lei ha accennato che si occupava anche di altro.

"Scriveva poesie, che non ha mai pubblicato, salvo quelle utilizzate per i biglietti di auguri natalizi di cui seguiva personalmente la stampa nella tipografia Filelfo, fondata da suo padre Francesco. Ha scritto sceneggiature e testi per la Filodrammatica da lui costituita e quando sono nati i nipoti giocava con loro nel poco tempo libero, costruendo teatrini e marionette".

Quando dipingeva?

"Ogni volta che poteva si chiudeva nel suo “atelier”, con la compagnia dell’affezionato gatto “Pausania”".

Riavvolgiamo il nastro e andiamo agli anni giovanili.

"Dopo la laurea in medicina si specializzò in dermatologia a Bologna. Per mantenersi agli studi disegnava vignette e caricature per il giornale umoristico “Il Goliarda”. Nel 1935 fu richiamato alle armi come ufficiale medico e andò in Etiopia. Rientrò brevemente in Italia per sposarsi, ripartendo subito dopo per l’Africa insieme a mia madre. Lì, infatti, sono nati mio fratello Francesco e mia sorella Maria Serena, scomparsa giovanissima in un incidente stradale. Fu per tutti un dolore immenso, che mio padre ha vissuto con la sua fede incrollabile. In Eritrea diresse un ospedale a Massaua dal 1941 al 1946, anno del rientro a Tolentino, dove aprì lo studio medico".

E poi fece la sua esperienza di sindaco.

"Candidato in una lista civica, fu eletto sindaco nel 1951 con l’appoggio della Dc e poi confermato nel 1956. Estraneo ai partiti e senza preconcetti ideologici, si preoccupò di amministrare il comune con la diligenza del buon padre di famiglia. Attento a far quadrare i bilanci, riuscì a reperire molte risorse per realizzare le infrastrutture necessarie all’espansione della città, la cui popolazione stava crescendo per l’arrivo di gente dai centri dell’entroterra. Completò l’elettrificazione di tutto il territorio rurale e andò orgoglioso di aver potuto debellare, grazie alla rete fognante realizzata in città e campagna, il tifo che ripetutamente si diffondeva a Tolentino in quegli anni".

Come nacque l’idea della Biennale dell’umorismo nell’arte?

"Voleva ricordare lo zio materno Cesare Marcorelli, che lo aveva iniziato alla pittura e parlando con alcuni artisti che frequentavano la nostra a casa, tra cui Enrico De Seta e Enrico Gianeri, prese forma l’idea della rassegna, che nella prima edizione fu chiamata Biennale della Caricatura. Da lì nacque anche il progetto del Museo della caricatura, che mio padre riuscì a realizzare nel 1970 e che oggi necessiterebbe di maggiori spazi".

Del cammino compiuto dalla Biennale dopo la sua morte che giudizio darebbe?

"Mio padre sarebbe fiero di molte edizioni che hanno portato il nome di Tolentino nel mondo. Riguardo al futuro, invece, sarebbe preoccupato, perché noterebbe un crescente disinteresse per questa rassegna, che tanto ha dato alla città da lui amata".