CHIARA MARINELLI
Cronaca

"Maiali danesi per il prosciutto dop italiano". Accusa infondata, assolto imprenditore

Era accusato di aver usato un tipo di maiale non conforme ai disciplinari del prosciutto di Parma e San Daniele,...

L’avvocato Gabriele Cofanelli ha difeso l’imputato con il collega Paolo Cammertoni

L’avvocato Gabriele Cofanelli ha difeso l’imputato con il collega Paolo Cammertoni

Era accusato di aver usato un tipo di maiale non conforme ai disciplinari del prosciutto di Parma e San Daniele, ma dopo 8 anni è riuscito a dimostrare la sua innocenza ed è stato assolto dalla corte di appello di Ancona l’imprenditore tolentinate Stefano Vissani. La vicenda era partita nel 2017, con una maxi inchiesta della procura di Torino sui tipi di maiale usati per le produzioni di questi particolari prosciutti. Nel corso della vasta indagine in tutta Italia a tutela dei due noti consorzi del Parma e del San Daniele, era emerso che un commerciante aveva venduto a diversi allevatori il seme di verro Duroc danese, un tipo di maiale che cresce più velocemente rispetto al Duroc italiano, consentendo una produzione maggiore di insaccati. Gli inquirenti avevano rintracciato i produttori ed erano arrivati anche a Tolentino dove, secondo l’accusa, nel 2016 e nel 2017 Vissani avrebbe utilizzato il seme del Duroc danese. L’azienda agricola La cisterna, che allevava e commerciava suini, aveva venduto all Sisi di Vissani suini e cosce di suini prodotti in questo modo, attestando falsamente nella certificazione intermedia funzionale che era stato utilizzato il seme di Duroc italiano, e la conformità del prodotto ai sistemi previsti nel regolamento Dop prosciutto di Parma e in quello del San Daniele. Da qui per il tolentinate le accuse di falsità nelle documentazioni, frode in commercio e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari. In primo grado, Vissani era stato condannato dal tribunale di Macerata alla pena di sei mesi di reclusione, oltre al risarcimento del danno in favore delle parti civili, il Consorzio del prosciutto di Parma e il Consorzio del Prosciutto San Daniele.

Ma l’imprenditore si è sempre dichiarato innocente. In appello, gli avvocati difensori Gabriele Cofanelli e Paolo Cammertoni hanno spiegato che l’azienda agricola aveva due distinti cicli produttivi, uno destinato all’allevamento di pura origine italiana, mentre il secondo destinato a una diversa commercializzazione che nulla aveva a che vedere con la produzione Parma o San Daniele. La corte ha condiviso la ricostruzione dei difensori, annullando la condanna e anche i risarcimenti previsti per i due consorzi.

"Siamo soddisfatti per il risultato processuale raggiunto, che ristabilisce l’onorabilità e il prestigio di un imprenditore che da moltissimi anni rappresenta un importante punto di riferimento per la nostra economia" hanno commentato gli avvocati Cofanelli e Cammertoni.

Chiara Marinelli