di Pierfrancesco
Giannangeli
ottobre nero dell’inflazione ha colpito duramente dalle nostre parti. L’Unione nazionale consumatori, elaborando i numeri dell’Istat, ci dice che Macerata è salita su un poco invidiabile podio: è la terza città italiana, dopo Bolzano e Siracusa, ad aver registrato il più alto indice di aumento dei prezzi, con conseguente perdita del potere di acquisto. L’inflazione salita all’1,6 per cento significa che la spesa di una famiglia maceratese crescerà di 322 euro su base annua, praticamente il doppio delle altre famiglie medie marchigiane.
Il costo della vita qui ha fatto registrare la peggiore performance di tutta la regione e, tra crescita dei prezzi e sborso per la sanità (tradotto: pagare per evitare i tempi biblici delle prestazioni, pubbliche o private che siano), il portafoglio si alleggerisce sempre di più. Se a questo aggiungiamo che - e in questo caso i dati sono regionali - nella Marche vivono sotto la soglia di povertà l’11 per cento dei residenti e le persone senza fissa dimora negli ultimi anni sono aumentate di oltre il 13 per cento, appare evidente come la situazione si stia facendo preoccupante.
In più, aggiungiamoci anche le cifre che arrivano dalla classifica nazionale sullo spopolamento, che vede Macerata issarsi al settimo posto, con una provincia che in dieci anni ha perso quasi l’11 per cento degli abitanti, il doppio della media, segnalando una evidente e grave sofferenza nelle aree dell’entroterra. Sommiamo a ciò pure la previsione sul prossimo ventennio, con i residenti nelle fasce collinari e interne in caduta libera, e l’orizzonte si colora di scuro come la pece. Viene da chiedersi dov’è finita quella qualità della vita - perché in fin dei conti di questo si sta parlando - che era il fiore all’occhiello delle nostre zone. Riflettere su questi dati prima che sia troppo tardi è una chiara priorità.