Al 30 giugno di quest’anno, in provincia di Macerata sono 715 le imprese che si trovano a rischio usura, 13 in più (+1,9%) rispetto allo stesso periodo del 2023. È quanto emerge da un’indagine dell’Ufficio studi della Cgia che segnala, dopo alcuni anni di calo, un aumento del fenomeno, che nelle Marche interessa, oltre a Macerata, la provincia di Ancona (+3,8%), mentre risulta in diminuzione nelle province di Pesaro (-3%), Fermo (-1,1%) e Ascoli (-1,1%). "Si tratta, soprattutto – spiega la Cgia – di artigiani, esercenti, commercianti o piccoli imprenditori che sono "scivolati" nell’area dell’insolvenza e, conseguentemente, sono stati segnalati dagli intermediari finanziari (banche, assicurazioni, società finanziarie, società di leasing, società di factoring, fondi comuni, etc.) alla Centrale dei Rischi della Banca d’Italia". Come noto, la segnalazione da parte del singolo intermediario scatta quando il cliente è indebitato per almeno 30mila euro. Lo stesso vale per le garanzie. Le sofferenze devono invece essere segnalate se l’importo è superiore a 250 euro. Il fatto è che la segnalazione, che si configura come una sorta di "schedatura negativa", preclude la possibilità di accedere ad un nuovo prestito, e questo aumenta il rischio per quelli che finiscono nella "lista nera", molto più degli altri, di chiudere o di finire tra le braccia degli usurai. Secondo il recente studio della Cgia, il rischio usura attualmente coinvolge in Italia quasi 118mila imprese. A livello provinciale, il numero più elevato di imprese segnalate come insolventi si concentra nelle grandi aree metropolitane. Al 30 giugno scorso, Roma era al primo posto con 10.827 aziende; subito dopo troviamo Milano con 6.834, Napoli con 6.003, Torino con 4.605 e Firenze con 2.433. Naturalmente, alla base di tutto c’è una situazione economica non propriamente florida per la nostra provincia, che sconta in particolare un momento di seria difficoltà del comparto moda, ma che vede in affanno anche altre attività. Spiega ancora la Cgia: "È bene ricordare che gli imprenditori che vengono segnalati alla Centrale Rischi della Banca d’Italia non sempre lo devono a una cattiva gestione finanziaria della propria azienda. Nella maggioranza dei casi, infatti, questa situazione si verifica a seguito dell’impossibilità, da parte di molti piccoli imprenditori, di riscuotere con regolarità i pagamenti dei propri committenti o per essere "caduti" in un fallimento che ha coinvolto proprio questi ultimi".
E in questo quadro pesa anche un altro fattore. "Rispetto al picco massimo erogato nel 2011 – evidenzia la Cgia – le imprese hanno perso 350 miliardi di prestiti bancari, pari ad un calo del 52,4%", una chiusura dei rubinetti che può aver contribuito "a "spingere" involontariamente molti lavoratori autonomi e altrettanti piccoli imprenditori a corto di liquidità verso le organizzazioni malavitose che hanno la necessità di reinvestire nell’economia legale i denari provenienti dalle attività criminali". Per questo la Confederazione continua a chiedere con forza il potenziamento delle risorse a disposizione del "Fondo di prevenzione dell’usura", che costituisce l’unico valido aiuto a chi si trova in una situazione di vulnerabilità.