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Legna da ardere: boom di richieste, ma non ce n'è per tutti

I legnaioli di Cessapalombo: "Boschi tagliati in basso, in quota è scomodo e scarseggia la manodopera"

Scarseggia la legna per l'inverno

Macerata, 28 settembre 2022 - E’ corsa alla legna contro il caro bollette. In provincia molte famiglie stanno puntando sulla legna da ardere (e sul pellet) per contrastare i rincari di gas ed energia. Una situazione che ha portato ad un grande aumento della domanda, un vero e proprio boom di richieste. Ma le riserve iniziano a scarseggiare. "Purtroppo ci troviamo costretti a dire tanti no – spiegano i legnaioli del territorio -. Il prezzo, per quintale, è salito in media dai 14-15 euro dell’anno scorso ai 18-19 euro nelle nostre zone. Ci copriamo giusto le spese in più che dobbiamo sostenere, basti pensare al gasolio e ai trasporti. Poi è difficilissimo reperire personale nel nostro mestiere".

A Cessapalombo, ’il borgo delle selve’, il bosco ha rappresentato per secoli la vera risorsa della montagna; deve il suo nome all’antico termine latino caesa, ovvero da silva caesa che significa selva tagliata. E’ uno dei pochi Comuni dove ancora è presente la tradizione del carbone da legna (si ottiene per la ’cottura’ della legna in ambiente anaerobico all’interno della carbonaia chiamata "la ‘ncotta").

Il 56enne Giovanni Tomasselli, titolare di un’azienda agricola, è il più giovane del posto a portare avanti l’arte del carbone, tramandata di generazione in generazione. "Le richieste di legna da parte delle famiglie sono continue, ma il materiale scarseggia un po’ ovunque – spiega –. A marzo, che per il nostro lavoro di solito è il mese ideale per le temperature miti, quest’anno è nevicato sopra i 600 metri e la coltre ha bloccato l’attività. Poi sempre meno gente si dedica al taglio dei boschi: gli anziani prima o poi smettono, perché è un lavoro usurante e faticoso, e non si trovano ragazzi. Io sono il più giovane. La burocrazia non aiuta".

Nella parte bassa, il bosco è stato tagliato e non crescerà prima dei prossimi 30-40 anni; per andare in quota, invece, dove ci sono lupi e cinghiali, il cellulare non prende e i sentieri sono più impervi ed isolati, servirebbero almeno 2-3 persone. Per recarsi sul posto insieme. Ma purtroppo non c’è turnover. "Andrebbero anche riattivati i sentieri", aggiunge Tomasselli. Spiega poi la necessità di dover ritoccare i prezzi. "Comprendendo che ci troviamo tutti sulla stessa barca – prosegue -, siamo passati da 14 euro a quintale a circa 18. Non per guadagnare, ma per coprire le spese fisse in più, considerando che il gasolio costa il doppio. Con 60 quintali di legna una famiglia di Tolentino, ad esempio, ci fa tutta l’invernata. Se invece la famiglia si trova in un Comune di montagna ce ne vogliono 100, ma comunque risparmia rispetto a quello che pagherebbe di gas ed energia elettrica. Anche il pellet è più che raddoppiato, passando da 5.50 euro al sacchetto a 11-12 euro in media".

"Le chiamate arrivano ogni giorno – aggiunge Luigino Maurizi, un altro titolare di azienda agricola -. Ma la legna non c’è. E’ iniziata a scarseggiare dallo scorso novembre. Forse sia per il lockdown che per il reddito di cittadinanza (e quindi per mancanza di personale) la produzione è scesa. Ed è aumentata la richiesta. Per vent’anni il prezzo non si è mai mosso: si pagava 22-23mila lire al quintale e poi 14 euro, il costo non è stato mai adeguato ai cambiamenti della società. E il legno era sottopagato. Ora cerco comunque di andare incontro alla clientela, che mi è stata vicino in questi anni, aumentando il prezzo di un paio di euro. Ma non rientro nelle spese. Le grandi industrie boschive (non ce ne sono nella nostra provincia) hanno fatto lievitare i prezzi". Maurizi conclude con una proposta, per cercare di avvicinare più giovani a questo settore. "Servirebbero un regolamento più chiaro – afferma – e meno burocrazia. E’ importante ovviamente mantenere il livello di sicurezza alto, dovendo lavorare con la motosega. Ma con procedure più snelle per tenere in piedi l’attività".