PAOLA PAGNANELLI
Cronaca

La sentenza d’appello. I giudici: "In primo grado. Rosina trasformata da vittima a carnefice"

I giudici di Ancona hanno condannato all’ergastolo la figlia Arianna, riducendo a 27 anni la pena per il nipote Enea, tuttora in carcere. Le motivazioni: uccisa per evitare che denunciasse i maltrattamenti.

La sentenza d’appello. I giudici: "In primo grado. Rosina trasformata da vittima a carnefice"

I giudici di Ancona hanno condannato all’ergastolo la figlia Arianna, riducendo a 27 anni la pena per il nipote Enea, tuttora in carcere. Le motivazioni: uccisa per evitare che denunciasse i maltrattamenti.

Con un’articolata motivazione, in 434 pagine, i giudici della corte d’assise di appello ribaltano le conclusioni della sentenza di primo grado sull’omicidio della 78enne Rosina Carsetti, uccisa in casa a Montecassiano il 24 dicembre 2020. In primo grado, dove, scrive la corte, "Carsetti è stata trasformata da vittima a carnefice", era stato condannato solo Simonetti per omicidio, mentre gli altri familiari, il marito della vittima, Enrico Orazi, e la figlia Arianna erano stati ritenuti colpevoli solo di simulazione di reato, per aver finto che quella sera fosse entrato in casa un rapinatore che avrebbe ucciso la pensionata e preso 2mila euro. Questa ricostruzione non ha convinto la corte d’appello, che il 10 luglio ha condannato tutti e tre per maltrattamenti ai danni dell’anziana, e in questi ha trovato il movente del delitto, premeditato e attuato da Arianna Orazi e dal figlio Enea, condannando lei all’ergastolo e lui a 27 anni.

Il percorso seguito per arrivare a questa ricostruzione è spiegato nelle motivazioni depositate nei giorni scorsi dai giudici di Ancona, che ripercorrono le testimonianze e le intercettazioni, esprimendo parole di forte biasimo verso la sentenza di primo grado. "Il delitto – afferma la corte d’appello – è la cosciente e volontaria progressione lineare dei maltrattamenti, finalizzato a impedire che Rosina potesse denunciare i maltrattamenti di cui era vittima". La 78enne infatti si era rivolta al centro antiviolenza, e sarebbe dovuta tornare lì il 27 dicembre per incontrare un avvocato. E i familiari, che registravano le sue telefonate, sapevano di questo appuntamento. "Se una censura può farsi alla sentenza di primo grado – premettono il presidente della corte Giovanni Treré e il giudice a latere Giuliana Basilli – non è di non aver valutato gli elementi addotti dalle difese, ma di essere andata addirittura oltre le deduzioni difensive, esprimendo ipotesi e argomentazioni favorevoli agli imputati avulse dalle emergenze istruttorie e prive di fondamento. La corte d’assise di Macerata, dopo aver svalutato il narrato, le confidenze e gli sfoghi della Carsetti, descrivendola come una persona chiacchierona, egoista, adusa al lusso, capricciosa, inaffidabile e ricondotto la paura della Carsetti a suggestioni da programmi e notizie televisive, affermava che la tensione familiare era da ricondurre nell’ambito di una sostanziale normalità. "A tal punto autosuggestionata – proseguono – da essere poi uccisa in casa dal nipote Enea con il concorso della figlia Arianna".

Dimostrati, per la corte, "da un imponente quadro probatorio, che raramente si vede in processi per questi reati" i maltrattamenti, "un movente formidabile per volere la morte di Rosina". La corte di Ancona ricorda le telefonate della vittima registrate dai familiari, le testimonianze degli amici della donna, quella dell’addetta al centro antiviolenza: la pensionata si lamentava per il giardino tagliato, l’auto che le era stata tolta, il cellulare sottratto, la privazione dell’acqua calda, le offese continue e le minacce in casa. Vessazioni che Rosina non aveva mai voluto denunciare, per difendere i familiari, come è frequentissimo accada in casi simili, ricorda la corte, "per un malinteso senso della famiglia o nella, per lo più vana, speranza di un loro cambiamento".

La corte ritiene provata anche la premeditazione del delitto. A partire da un messaggio su Instagram, in cui Arianna dice al figlio che sta studiando "il piano". Il pomeriggio del 24 dicembre, quando Enea esce di casa e va al supermercato, Arianna mette nella borsa in auto 2mila euro, la stessa cifra che poi avrebbe detto essere stata presa dal rapinatore. "Se lo sapevo me li mettevo in saccoccia", commenta poi Arianna, intercettata, quando i carabinieri trovano quei soldi, facendo pensare che li aveva portati fuori casa proprio per simulare la rapina dopo aver commesso il delitto, secondo la corte. In caserma, intercettati, Arianna e il figlio parlano della anziana, dicono che è stata strozzata: entrambi conoscono la causa della morte. Quella notte, il ragazzo a un certo punto ritratta sulla storia della rapina con i carabinieri. Ma poi torna nella stanza con la madre e lei gli ripete: "Dobbiamo fare come abbiamo sempre detto". Questi elementi fanno pensare a una condotta pianificata.

Nessuna attenuante alla luce della "gravità dei delitti, assoluta insensibilità dei due nei confronti della vittima, mancanza di qualsiasi forma di resipiscenza, e denigrazione costante della Carsetti. Mancanza di pentimento, assenza di qualsiasi sentimento di pietà per la vittima, assenza di un percoso di rivisitazione critica delle condotte delittuose, indifferenza per la vita e la sofferenza altrui".

Solo a Enea Simonetti vengono riconosciute le attenuanti della giovane età, "la particolare dolorosa storia personale, la personalità immatura e il comportamento in carcere, dove si è distinto per dedizione, affidabilità e impegno nello svolgimento del lavoro": alla fine per lui dunque 27 anni per omicidio, maltrattamenti e simulazione di reato. Ergastolo invece ad Arianna Orazi, per omicidio premeditato e aggravato, maltrattamenti, rapina, per la sottrazione del cellulare all’anziana, e simulazione di reato. E 4 anni e mezzo per Enrico Orazi, per maltrattamenti e simulazione.

Ora è prevedibile il ricorso in Cassazione. "Stiamo leggendo la corposa motivazione – conferma l’avvocato Olindo Dionisi per Arianna Orazi – per verificare i profili di illegittimità da indicare nel ricorso per Cassazione, che sicuramente faremo, anche perché le prove della colpevolezza di Orazi Arianna a mio avviso non ci sono e la stessa si dice innocente".