"La drastica riduzione del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) mina la stabilità del sistema universitario del centro Italia e minaccia il futuro delle comunità locali. Con un taglio complessivo di 41 milioni e 700mila euro, quasi l’8%, le istituzioni accademiche si trovano a fronteggiare una situazione insostenibile, ulteriormente aggravata dall’aumento costante dei costi". È il grido d’allarme lanciato dai rettori degli otto atenei di Marche, Abruzzo e Umbria, riuniti nella rete "Hamu": Gian Luca Gregori, università Politecnica delle Marche, John Mc Court, università di Macerata, Graziano Leoni, università di Camerino, Giorgio Calcagnini, università di Urbino Carlo Bo, Liborio Stuppia, università "Gabriele d’Annunzio" Chieti e Pescara, Edoardo Alesse, università dell’Aquila, Dino Mastrocola, università di Teramo, Maurizio Oliviero, università di Perugia.
Il "pugno nello stomaco" di cui aveva parlato la scorsa settimana McCourt, rettore dell’università di Macerata, è dunque molto pesante, ed è lo stesso che hanno avvertito anche gli altri rettori. Uniti, insieme, ora spiegano il trucco. "Attraverso una rimodulazione delle voci, nel Fondo di finanziamento ordinario sono state portate risorse, quali quelle destinate agli adeguamenti Istat e agli interventi straordinari di reclutamento di tutto il personale universitario, in precedenza finanziate a parte, con appositi decreti. In questo modo si è di fatto dissimulata una riduzione del finanziamento complessivo rispetto al 2023 che, indirettamente, si è rivelata significativamente maggiore di quanto annunciato dal ministero nel recente decreto di assegnazione".
In questo modo gli atenei sono stati messi in grandissima difficoltà. L’aumento dei costi del personale docente per adeguamento Istat è del 4,8%, la riduzione del Fondo di finanziamento ordinario determina un aumento del rapporto tra i costi del personale e il finanziamento stesso, avvicinandosi pericolosamente al limite dell’80%, oltre il quale le università si trovano in una situazione di squilibrio economico che potrebbe compromettere il loro funzionamento. "A fronte delle maggiori assunzioni incoraggiate dal governo proprio attraverso i piani straordinari di reclutamento – sottolineano i rettori – questa soglia, già alta per molti atenei, rischia di essere superata, con conseguenze negative sulla capacità di gestione finanziaria e operativa, al punto di creare gravi difficoltà anche solo per la copertura dei costi del personale già in servizio". Tra riduzione del Ffo e l’incremento dei costi non riconosciuto, "il peso che grava sulle otto Università supera una cifra stimabile intorno ai 50 milioni di euro". "In un sistema che nel 2023 vedeva un finanziamento complessivo di circa 500 milioni, questo significa che una fetta significativa delle risorse è stata sottratta, compromettendo la possibilità di continuare a garantire un’istruzione pubblica di qualità".
E ciò è ancor più grave perché avviene in un contesto in cui stanno fiorendo gli atenei online. "Le università statali – concludono i rettori – devono essere sostenute e protette. Non sono solo luoghi di formazione e ricerca, ma rappresentano un motore economico e culturale per i territori in cui operano, contribuendo in modo significativo allo sviluppo locale. Chiediamo un intervento immediato del governo per ripristinare i fondi necessari a garantire la sopravvivenza delle università e per evitare un collasso del sistema universitario pubblico, che rischierebbe di compromettere il futuro dell’istruzione superiore e della ricerca in Italia".