LORENZO MONACHESI
Cronaca

La parabola di Lucrezia Ercoli: "Dalla biblioteca al palco, porto la filosofia nelle piazze"

La direttrice artistica di Popsophia si racconta: io e mio padre una coppia che funziona. Eventi sempre lontano da Macerata. "Nessuno è profeta in patria? Evidentemente è così".

La parabola di Lucrezia Ercoli: "Dalla biblioteca al palco, porto la filosofia nelle piazze"

La direttrice artistica di Popsophia si racconta: io e mio padre una coppia che funziona. Eventi sempre lontano da Macerata. "Nessuno è profeta in patria? Evidentemente è così".

"L’idea di Popsophia ha iniziato a prendere forma all’Università, perché avvertivo la mancanza di una connessione tra la filosofia, che stavo studiando e che amo, con il mondo reale, con i cambiamenti in atto, con le passioni che toccano ambiti banalmente relegati a una cultura bassa". La maceratese Lucrezia Ercoli (docente di "Storia dello spettacolo" all’Accademia di belle arti di Bologna) spiega l’evoluzione di questo Festival internazionale di "pop filosofia" di cui è direttrice artistica dal 2011. "L’ambizione – spiega – era di riportare la filosofia in contatto con la piazza e, quindi, con un pubblico di non addetti ai lavori, di metterla in connessione con i fenomeni della cultura pop che rappresentano il presente. È stato un successo, abbiamo portato a Civitanova Alta ospiti del calibro di Vattimo e Daverio, che hanno parlato in una piazza gremitissima come se fossero rockstar".

Ercoli, ritiene che nella società sia ancora molto forte il desiderio di volgere lo sguardo al passato piuttosto che guardare avanti o al presente?

"La cultura, l’arte, la musica hanno la capacità di fare l’impossibile e di farci tornare indietro nel tempo, è una gioia pura che magari dura qualche istante. Durante le nostre proposte utilizziamo letture, poesie, canzoni capaci di connettere la gente a periodi felici della vita".

Per una fascia di età volgere lo sguardo al passato vuol dire anche tornare giovani, ma per le ultime generazioni qual è il senso di questa nostalgia?

"È connessa all’idea che il futuro sia nebuloso e che domani staremo peggio. E tutto ciò è penalizzante e c’è il rischio di fermarci".

La ripetizione è un rischio anche per Popsophia?

"Noi abbiamo cambiato pelle e deciso di non fare più ospitate dei soliti noti che bazzicano un po’ tutte le piazze, ma di proporre produzioni realizzate dietro nostre sceneggiature, con attori, gruppi musicali e con ospiti diversi, magari non dai nomi altisonanti".

Quando ha capito che funziona mescolare la filosofia e i suoi grandi temi con le serie televisive e con le canzoni?

"È un obbligo, una necessità. Siamo immersi in questi fenomeni e la filosofia ci aiuta a comprenderli meglio. Pensiamo alla rivoluzione digitale, la filosofia è la cassetta degli attrezzi per comprendere meglio le trasformazioni velocissime che stiamo vivendo".

Il desiderio di semplificare può rappresentare un rischio?

"Non facciamo divulgazione, non banalizziamo la filosofia, Popsophia fa produzioni culturali mettendo insieme linguaggi diversi, non semplifichiamo come fanno tanti influencer. Chi viene da noi troverà ibridazioni culturali in linguaggi complessi che insieme producono qualcosa di nuovo".

Lei di recente è stata ospite di Porta a Porta per parlare del tramonto degli "dei" influencer. Eppure poco tempo fa la campionessa paralimpica Assunta Legnante ha detto di non essere presa in considerazione dalle aziende per una sponsorizzazione, perché i suoi 6.700 follower sono poco cosa?

"In estate abbiamo mostrato come i campioni dello sport si siano trasformati in brand e influencer che lavorano online e non solo sul campo. Costruirsi una reputazione sul web è importante e le aziende lavorano tanto con queste persone. C’è poi l’ingenuità del pubblico che credeva all’autenticità con cui l’influencer raccontava la sua vita e così pensava di conoscerlo personalmente. Ora questa ingenuità non c’è più, c’è una comprensione della costruzione molto spesso artificiale di questa felicità di famiglia idilliaca. Crolla il castello quando viene sporcata la propria immagine attorno alla quale è stata costruita la carriera".

Lei a Bergamo ha tenuto uno spettacolo sulla potenza di Raffaella Carrà capace di contaminare linguaggi. Questa potenza le è stata data dalla televisione ma cosa ci ha messo di suo Raffa?

"La nostra proposta costruisce l’unicità del personaggio. Va in controtendenza degli influencer, lei ha saputo fare spettacolo senza dare spettacolo, il suo privato è rimasto tale essendo in lei presente una grande riservatezza. Popsophia è un festival marchigiano ma ha la capacità di parlare alla cultura italiana, per esempio questo spettacolo è arrivato anche a Bergamo, a Napoli e ora toccherà Palermo".

Quest’estate Rocksohpia tornerà a Civitanova Alta, avete scelto già il titolo del Festival?

"Non ancora, ci stiamo lavorando perché vogliamo pensare a qualcosa che si sposi a Civitanova Alta".

Popsophia ha fatto tappa a Civitanova, Pesaro, Tolentino, Fermo, Ortezzano, Ascoli, Ancona e non a Macerata: ma è così difficile essere profeti in patria?

"Evidentemente è così. A Macerata c’è stata una edizione di Filodiritto legata alla formazione forense".

C’è un aneddoto legato a questi Festival?

"Mi torna in mente la prima edizione quando il parroco suonò le campane dopo che Vattimo aveva fatto affermazioni anticlericali e provocatorie. Il pubblico scoppiò a ridere. Ecco, portare la filosofia in piazza significa portare idee che fanno discutere e, magari, arrabbiare qualcuno".

Suo padre Evio Hermas è una persona che sa prendersi la scena e sta bene sul palco. Come è riuscita a emergere?

"Siamo una coppia che funziona molto bene. Papà costruisce tutto il dietro le quinte del festival, la parte organizzativa e anche culturale. Abbiamo trovato il nostro equilibrio. È stato lui a far emergere questa vena di animale da palco dal topo di biblioteca".