ASTERIO TUBALDI
Cronaca

"Italia, una Repubblica nata male". L’ultimo libro di Renato Biondini

Dopo otto anni di ricerche, ecco il lavoro del recanatese sul Paese dal fascismo al secondo dopoguerra "Uno dei problemi principali è stato il numero ridotto di italiani coinvolti attivamente nella Resistenza".

"Italia, una Repubblica nata male". L’ultimo libro di Renato Biondini

Il recanatese Renato Biondini, appassionato di storia

Renato Biondini, recanatese di nascita, ha vissuto per anni nel quartiere di Castelnuovo fino al matrimonio, che lo ha portato a trasferirsi nella vicina Castelfidardo, dove attualmente lavora nell’ufficio cultura del Comune. Amante della storia, Biondini ha già pubblicato diversi libri, in particolare sulla lotta partigiana nel Maceratese. Dopo otto anni di ricerche, arriva oggi in libreria il suo nuovo libro,"Una Repubblica nata male – L’Italia dal fascismo al secondo dopoguerra", che analizza le complesse e spesso oscure vicende della nascita della Repubblica Italiana.

Biondini, perché la Repubblica italiana è nata male?

"La nascita della Repubblica è stata una tappa importante per l’Italia, ma il modo in cui è stata costruita lascia spazio a diverse ombre. Uno dei problemi principali è stato il numero ridotto di italiani coinvolti attivamente nella Resistenza: la maggior parte della popolazione ha preferito attendere gli eventi senza schierarsi, mancando così l’occasione per creare una vera coscienza antifascista".

Lei si sofferma anche su questioni storiche irrisolte, come la morte di Mussolini e l’oro di Dongo. Cosa rivela il suo libro in merito?

"Nel libro presento un documento inedito di Sandro Pertini, uno dei massimi esponenti della Resistenza, poi diventato anche presidente della Repubblica, in cui si offre una nuova prospettiva sulla morte di Mussolini. Inoltre, parlo dell’oro di Dongo, del quale è emersa una volontà politica di non scoprire la verità".

E il carteggio tra Mussolini e Churchill?

"Ho inserito documenti inediti dai quali si possono comprendere meglio le ragioni che hanno portato l’Italia a entrare in guerra il 10 giugno 1940. Questi scambi gettano luce su una parte di storia ancora poco conosciuta".

Nel suo libro affronta anche gli accordi tra americani e mafia durante la Seconda guerra mondiale. Perché questo aspetto è importante?

"Gli accordi del 1943 tra americani e mafia, per facilitare lo sbarco e la liberazione della Sicilia, hanno avuto un impatto duraturo. Nel dopoguerra, la mafia ha goduto di una sorta di "protezione" che le ha consentito di espandere la propria influenza, anche grazie al supporto per contrastare il comunismo".

Nel libro emerge una critica verso l’impunità dei gerarchi fascisti. Quali sono stati gli effetti di questa scelta?

"Nessuno tra i maggiori gerarchi, Mussolini incluso, è stato processato. Questo ha permesso a molti di restare impuniti e, in seguito, di riemergere nella nuova Repubblica Italiana, occupando anche ruoli di rilievo e in alcuni casi anche di fare carriera".

Lei sostiene che il passato continui a condizionare il presente. In che modo, secondo lei, il nostro Paese potrebbe finalmente emanciparsi da queste ombre?

"Per prima cosa, affrontando le verità storiche e riconoscendo gli errori. Senza trasparenza, è difficile costruire una forte identità nazionale. Oggi, più che mai, serve verità per alimentare giustizia e senso dello Stato".