di Ennio Ercoli
"Sono davvero molto preoccupato per l’effettiva salvaguardia e valorizzazione storico-artistica dell’invidiabile Palazzo Ducale di Civitanova Alta, con i suoi meravigliosi affreschi di Pellegrino Tibaldi, pittore, architetto e scultore, che io ebbi ad ammirare nel 1987". È il pensiero chiaro e schietto di Evio Hermas Ercoli, già direttore dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, saggista in campo artistico, promotore di eventi culturali a Civitanova, a cominciare da "Tutto in gioco" seguito da "Popsophia", che hanno contribuito a diffondere consapevolezza – tra residenti e turisti – dell’alto valore del centro storico, dove è nato il letterato del ‘500 Annibal Caro, Cesare Cecchetti e vissuto il figlio Enrico, entrambi ballerini e coreografi di fama. "Il progetto presentato alla Soprintendenza di Ancona, visionato da esperti civitanovesi, non mi conforta affatto, in quanto prevede le sole richieste dei proprietari-condomini, cioè la realizzazione di appartamentini, stanze e stanzette, finendo per spezzettare definitivamente il complesso, nato come "Palazzo dei Priori", con gli archi ogivali in facciata, poi trasformato in "Palazzo Cesarini", dopo che il Papa nel 1551 – per un debito della Camera Apostolica – dette in feudo alla nobile famiglia romana Civitanova e Montecosaro. Fu il Duca Cesarini a portare il Tibaldi a Civitanova, dato che aveva lavorato per lui a Roma. La realtà è che la facciata principale verrà "scialbata", eliminando i tipici archi ogivali che si sono intravisti, per il distacco di alcuni intonaci vicini ad una finestra, diversi anni fa. "La facciata attuale, di non facile lettura per i ventennali ponteggi – spiega il professor Ercoli – "imprigiona" tutto l’originario palazzo dei Priori e le relative colonne ottagonali in pietra bianca dalmata, come tutte le architetture dell’area veneziana. Il palazzo dei Priori di Civitanova – soggiunge – è analogo a quello di Fabriano, Foligno e del Senato di Ancona". Quando nel 1987 lei ha visto i dipinti di Pellegrino Tibaldi erano integri? "Erano assolutamente perfetti. Siccome erano stati isolati con la camorcanna, sono rimasti protettissimi nei secoli, fin quando non li ha fotografati negli anni trenta l’autorevole Renato Serra. Soprattutto sono di prima mano dell’artista, non sono di "bottega", come quelli di Macerata. Nei suoi due volumi sull’architettura nelle Marche un capitolo intero è dedicato al palazzo Ducale di Civitanova e agli affreschi. Negli oltre due decenni di ponteggi non si è riusciti a capire che il "Palazzo Ducale" della Città Alta – una volta riportato al suo splendore originario – meriterebbe – da solo – un "pellegrinaggio" da tutta l’intera area adriatica. La disgrazia originaria venne consumata quando lo Stato Pontificio sciolse i feudi e i Cesarini vendettero ai privati". Quanti condomini c’erano all’epoca in cui lei salì le scale del Palazzo? "Si tratterebbe in primis di "ripristinare" gli spazi originari, spogliando il Palazzo Ducale delle "superfetazioni" realizzate per esigenze condominiali. Lo dico molto francamente, senza giri di parole: in ogni altro Comune d’Italia un Palazzo del genere, con tutta questa storia alle spalle, sarebbe stato espropriato da tempo".