Macerata, 5 settembre 2024 – E pensare che sarebbe dovuto diventare ingegnere. Il dottor Giambattista Catalini, che scelse Medicina dopo aver visto la morte in faccia a 17 anni per uno shock anafilattico da due punture di antitetanica in seguito a un incidente in motorino, è stato in corsia per 44 anni, un mese e 22 giorni. Dopo la specialistica al Sant’Orsola di Bologna, ha lavorato negli ospedali Umberto I (chirurgia generale e toracica) e Torrette di Ancona, anche come responsabile della chirurgia di urgenza; nel 2004 è diventato primario di Camerino, Matelica e San Severino e, per i traguardi raggiunti, dal settembre 2016 al 31 dicembre 2017 è stato in concomitanza anche primario a Macerata.
Con lui sono nate onlus, come "La voce del cuore per la chirurgia" con finalità sociali per l’ospedale camerte, o comitati di cittadini nel Fermano (lui è di Porto San Giorgio) che lo avrebbero voluto primario e di recente hanno scritto al ministro della giustizia Nordio per segnalare che nei concorsi della Regione Marche le domande orali incidono per il 70%, mentre la casistica operatoria, solo il 10%. Ma da cinque giorni per Catalini si è chiuso il ciclo, iniziato nel 2004 su Camerino, San Severino e Matelica. Dal primo settembre è in pensione. Eppure, avendo 65 anni, sarebbe potuto restare in servizio altri 5 (e ulteriori 2). "Avrei continuato a lavorare – dice –. Ho saputo del pensionamento all’improvviso, a fine maggio, dalla telefonata fatta da un impiegato amministrativo Ast. Ci sono rimasto male. I pazienti mi mancano. Come tutta l’attività".
Dottor Catalini, perché da ragazzo scelse la strada della chirurgia?
"Mi sono ritrovato ad assistere a un intervento di cardiochirurgia con il dottor Palminiello al Lancisi. Avevo 19 anni. Gli chiesi: "Quello che fa lei, posso farlo anche io?". Passarono gli anni e approdai nell’Alto Maceratese la prima volta come chirurgo per operare un uomo di San Severino che aveva avuto un incidente di caccia: due fucilate partite per sbaglio da un amico. Era prima del 2000. L’elisoccorso non era disponibile, io e un collega partimmo da Ancona in auto e lo operammo a San Severino. L’uomo si salvò".
Nel 2004 è diventato primario di Camerino, Matelica e San Severino. Che tempi erano?
"Il trinomio formato da me, dal dottor Marco Chiarello per rianimazione e anestesia e dal direttore generale Giuseppe Petrone funzionava bene. Sono stati anni bellissimi; a Camerino venivano persone anche da fuori regione per interventi a esofago, polmone ecc., c’era l’Utic, si impiantivano pacemaker. Lavoravamo tantissimo, lanciando nuove tecniche laparoscopiche con l’appoggio di Unicam. Eravamo tra i primi ospedali d’Italia per risultati certificati sulla chirurgia del colon nel 2016. Non era come adesso: Petrone si recava sul posto per ascoltare le problematiche dei reparti, era presente, metteva al centro i medici, che a loro volta mettevano al centro i pazienti. Non convocava i "sudditi" nel "castello". Per me Petrone è stato l’unico vero direttore generale, competente e alla mano. Un peccato che i Comuni di Camerino, Matelica e San Severino non fossero in sintonia, altrimenti si sarebbe potuto creare un ospedale della montagna".
Quando la sanità è andata in crisi?
"Con la pandemia. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, e ha portato alla luce tutte le difficoltà. Mi opposi quando l’Asur (attuale Ast) decise di trasformare Camerino in ospedale Covid. Una decisione, anche questa, calata dall’alto senza dialogo".
Come quella del suo pensionamento?
"Sì… ero il primario decano delle Marche, ho firmato il contratto collettivo nazionale dei medici, sono stato vicepresidente dell’ordine di Ancona e una comunicazione del genere mi viene data con una telefonata in cui l’impiegato mi chiede la mail per mandarmi la determina di pensionamento? Avevo appena terminato un intervento, con me c’erano caposala e infermiera. Ho risposto: "Il pensionamento di chi?". Ero stupito. Hanno fatto il bando di concorso per il successore mentre ero ancora in servizio. Legalmente nulla quaestio, ma umanamente…Un tempo a scegliere i medici erano i professori universitari, oggi è la politica locale, per una questione di voti. Il fatto che in un concorso l’esperienza conti solo il 10% è stato deciso con il centrosinistra e continuato nei quattro anni di centrodestra. In altre Regioni la percentuale è più alta".
Chi sente di ringraziare?
"I pazienti, che mi hanno dato moltissimo. Ho ricevuto tanta umanità, che spero di aver ricambiato. Le famiglie Maccari (Pasta di Camerino), Rossi (Troticoltura di Sefro), Curzi-Mattei per la generosità dimostrata".
Cosa sogna per l’ospedale di Camerino?
"Che torni ad essere come venti anni fa. I presìdi vanno rafforzati. Vorrei dire infine ai pazienti che, come uomo e come medico, per loro ci sarò sempre, anche fosse per un consiglio. Come sto già facendo questi giorni per le chiamate che ricevo".