FRANCESCA CIPRIANI
Cronaca

Il mondo dell’accoglienza: "Le comunità sono piene. Qui si fa opera di cura, servono più risorse"

Marangoni dell’associazione Piombini-Sensini fa il punto sulle strutture maceratesi: "Si lavora in emergenza, invece bisogna fare prevenzione".

Il mondo dell’accoglienza: "Le comunità sono piene. Qui si fa opera di cura, servono più risorse"

Marangoni dell’associazione Piombini-Sensini fa il punto sulle strutture maceratesi: "Si lavora in emergenza, invece bisogna fare prevenzione".

"Siamo in un momento storico in cui si affermano prioritariamente i bisogni degli adulti, ma mai come in questo periodo la tutela dell’infanzia è ignorata. I bambini non sono considerati soggetti di diritti, ma solo in funzione dei diritti dei grandi". Sono le parole di Andrea Marangoni (nella foto), responsabile dei servizi dell’associazione Piombini-Sensini Ets di Macerata. "Si lavora sempre in stato di emergenza – dice –, mentre bisognerebbe investire sulla prevenzione. Servono maggiori risorse, soprattutto umane, in modo che tante situazioni possano essere lette con anticipo. Occorrono reti di intervento più funzionali per il minore e anche per i genitori, che devono camminare insieme con i figli. In più, dobbiamo smetterla di puntare il dito contro le comunità, le quali invece svolgono un’importante funzione educativa e curativa del trauma che questi ragazzi hanno subito. Noi non diamo un pasto caldo e un letto, ma svolgiamo un’opera di cura".

L’associazione gestisce la comunità "Il Girasole", composta da quattro comunità socioeducative residenziali: una per bambini e bambine, una per minori 0-6 anni con le loro mamme e due per adolescenti maschi, una delle quali per i minori stranieri non accompagnati in convenzione con il Comune di Macerata. C’è inoltre un progetto di semi-autonomia denominato "Mamme in uscita" per nuclei monoparentali e una comunità semi-residenziale "La casa sull’albero", dai 6 ai 12 anni. L’attività di accoglienza e protezione è supportata dal Centro Arcobaleno per servizi di prevenzione, sensibilizzazione e cura del trauma. "Abbiamo 34 posti letto disponibili – aggiunge –, ma la richiesta è difficile da soddisfare: le comunità sono piene e spesso per quella per mamme e bambini siamo costretti a fare una lista d’attesa". Secondo Marangoni, lavorando in emergenza, l’ingresso in comunità spesso avviene troppo tardi, quando la struttura della personalità di quel bambino è talmente compromessa da ciò che ha dovuto subire che già si è consapevoli che sarà un adolescente a rischio psicopatologico: "L’ultima rilevazione dell’Autorità Garante per l’Infanzia della Regione (anno 2020; ndr) parla di quasi 800 minorenni in Comunità suddivisi in 70 strutture; l’età dell’inserimento è per il 70% dai 12 ai 17 anni. Si arriva tardi e ciò significa che tendenzialmente siamo portati a sottovalutare l’impatto del maltrattamento e dell’abuso. I servizi sociali lavorano con numeri troppo grandi e di conseguenza non possono avere un’attenzione individualizzata".

Per Marangoni adesso la criticità più importante è quella di costruire delle reti di intervento funzionali non solo con i servizi territoriali, ma anche con l’autorità giudiziaria: "C’è la tendenza a pensare in maniera negativa delle comunità, ma in realtà hanno un ruolo fondamentale e la relazione che si crea tra educatore e minore la maggior parte delle volte è una relazione molto sana che porta a un percorso di maturazione. Parliamo di una dimensione familiare, al massimo 10 ragazzi, ma purtroppo la mentalità non è cambiata: si parla ancora di istituti, ma è ben diverso". Marangoni è anche presidente del coordinamento delle comunità di accoglienza per minorenni della Regione Marche, organismo costituito nel 2012 che gestisce oltre 40 comunità di accoglienza: "Ho quindi una visione d’insieme e posso affermare che è sicuramente positiva nella nostra regione, rispetto alla qualità dell’accoglienza e della cura del trauma. Purtroppo, bisogna capire che ci sono casi in cui i ragazzi non possono assolutamente rimanere con i propri genitori, perché il maltrattamento e l’abuso all’infanzia sono fenomeni estremamente vivi, che riguardano tutte le fasce della popolazione. Se faccio un’analisi di tutti i minori che abbiamo accolto in questi anni, non è mai successo che ci sia stato un bambino che magari poteva essere lasciato a casa".