
Il duello su Carlo Magno: "I firmatari della petizione hanno letto don Carnevale?"
Carlo Magno, la Cappella Palatina, Aquisgrana, la città di Aachen e la parrocchia di San Claudio al Chienti tornano a far parlare di sé in modo acceso e interessato. Per questo la risposta alla notizia – uscita sul Carlino di mercoledì – sulla petizione (firmata anche da diversi accademici, tra i quali lo storico e divulgatore Alessandro Barbero) consegnata all’arcivescovo di Fermo Rocco Pennacchio dai cinque promotori non è tardata ad arrivare.
I collaboratori e seguaci di don Giovanni Carnevale replicano a ciò che è scritto nella petizione in cui fra le altre cose si richiede che "oltre al facsimile della lapide funebre di Carlo Magno, siano rimossi tutti gli oggetti esposti dal Centro studi Giovanni Carnevale nella chiesa superiore di San Claudio al Chienti di Corridonia a sostegno di una tesi storicamente infondata". In risposta, Piero Giustozzi (segretario del Centro Studi San Claudio al Chienti) ricorda la tesi del professore resa pubblica nel 1993 e sviluppata in altre quattordici pubblicazioni: "San Claudio al Chienti e la cappella palatina di Aquisgrana sono la stessa cosa. Storicamente e architetturalmente", sottolineando che, secondo gli studi del sacerdote salesiano, Aquisgrana non è ad Aachen, in Germania, e facendo riferimento ai titoli di alcune agenzie e testate giornalistiche le quali darebbero una notizia che parrebbe inequivocabile: "La tomba originaria di Carlo Magno non si trova nell’atrio della Cattedrale di Aquisgrana". I sostenitori degli studi di Giovanni Carnevale aggiungono che "un gruppo di archeologi guidati da Andreas Schaub per tre anni ha cercato invano tracce della sepoltura dell’imperatore, morto nel 814. Le tracce più antiche trovate risalgono al XIII secolo, quattrocento anni dopo la sua morte".
Giustozzi si domanda se gli studiosi che hanno presentato la petizione abbiano mai letto i libri del professor Carnevale e si appella all’onestà intellettuale per cui la contrarietà a una teoria debba essere resa manifesta con prove, argomentazioni e considerazioni storiche. A tal proposito vengono proposti alcuni esempi: "Il prof. Carnevale mette a fondamento della sua teoria l’affermazione di Theodulf, alto prelato alla corte di Carlo Magno, che ha fatto costruire a Germigny des Prés una cappella instar eius quae in Aquis est, ossia simile alla cappella di Aquisgrana. Se questa poi non è minimamente rassomigliante a quella di Aachen che ha pianta ottagonale e non quadrata, qualche interrogativo si pone" e che "nel Capitulare de villis, straordinario documento carolingio, si fa riferimento a specie vegetali tipiche del clima mediterraneo e non nordico. In due capitoli si cita il vino cotto, prodotto tipico della nostra terra. Le vigne non crescevano ad Aachen per la piccola glaciazione del dal V al IX secolo". Inoltre ricordano "ai numerosi firmatari parrocchiani, alcuni dei quali ignorano che San Claudio dal 1986 non è più pievania ma parrocchia, che la loro terra ha avuto un passato ben più importante di Aachen. Qui insisteva la città romana di Pausulae, una vasta area archeologica, uno dei primi insediamenti cristiani d’Occidente sede di diocesi con un proprio vescovo".
In sintesi, se a "San Claudio non è Aquisgrana" si risponde con "San Claudio e la cappella palatina di Aquisgrana sono la stessa cosa"; se a "la petizione è stata firmata anche dal noto storico e divulgatore Alessandro Barbero" si risponde che "nel manuale scolastico di Gillo Dorfles, uno dei maggiori storici del’arte italiana, è citata la tesi del prof. Giovanni Carnevale", ci si auspica che la querelle possa trovare un confronto puntuale su ciascun punto trattato.