Macerata, 1 dicembre 2024 – Non nasconde la rabbia, l’incredulità e il dolore Alessandra Verni, mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne che si allontanò dalla Pars di Corridonia il 28 gennaio 2018, e fu ritrovata il 30 gennaio in pezzi in due trolley lasciati sul ciglio della strada a Pollenza, alla notizia di una nuova udienza in Cassazione, fissata il 16 gennaio su quella vicenda. L’udienza servirà a esaminare il ricorso straordinario presentato dagli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, contro la condanna all’ergastolo inflitta in via definitiva a Innocent Oseghale. I difensori tornano a contestare il reato di violenza sessuale, senza il quale la pena per il nigeriano sarebbe ridotta. "Sto veramente male – racconta Alessandra Verni –. A sei anni e dieci mesi dalla morte di Pamela mi arriva questa nuova batosta, è troppo: non c’è rispetto per le vittime e per le famiglie delle vittime. Non è giusto. Io spero che rispettino il dolore, tutta la violenza che ha vissuto Pamela quel giorno. Spero che rispettino il dolore di noi familiari, che di riflesso siamo anche noi vittime – prosegue –. Per quanto mi riguarda, io sto pagando anche con la salute questo dolore, mentre il papà di Pamela è morto lo scorso anno". La mamma di Pamela si augura che il 16 gennaio la condanna all’ergastolo sia confermata: "Spero che i magistrati si mettano una mano sulla coscienza e rigettino tutto".
Il processo a Oseghale si era concluso lo scorso gennaio, dopo il primo grado a Macerata, l’appello ad Ancona, il ricorso in Cassasione, un secondo passaggio in appello a Perugia, sempre sul reato di violenza sessuale, e infine in Cassazione, dove la condanna all’ergastolo era diventata irrevocabile. Da allora, Alessandra Verni non ha smesso di chiedere di trovare i complici del nigeriano, sicura che non potesse aver agito da solo, e ha anche creato un’associazione di volontariato in memoria della figlia, sperando che il capitolo giudiziario almeno fosse chiuso. "Ora è come tornare indietro – commenta ora –. Questa è la conferma che dietro alla morte di Pamela c’è qualcosa di più grosso. Noi, tante famiglie di vittime, siamo stanche. Parlano di carceri, di rieducazione, parlassero anche di tutela e di diritti delle vittime e delle loro famiglie, di certezza delle pene, dure e senza sconti per chi commette delitti efferati, omicidi volontari e violenza". La donna, che ha commentato anche attraverso i social la notizia del ricorso, si è sempre spesa per chiedere maggiore tutela per i familiari di chi subisce delitti così feroci, ricordando che per lei la pena era senza dubbio definitiva e irrevocabile da quando la figlia non c’è più.