
Don Francesco Paolo Galante guida la struttura di Macerata da sei anni, prima l’esperienza a Civitanova "Abbiamo tanti ragazzi, contrariamente a quanto si potrebbe pensare: qui si sentono accolti e custoditi".
"L’oratorio è come un casa dove abitare, dove i giovani si sentono accolti e custoditi". Don Francesco Paolo Galante, direttore della casa salesiana di Macerata, parla di questa realtà che guida da sei anni. "Nel tempo – aggiunge – è una casa che cambia nelle forme, ma cerca sempre di accogliere e creare quelle situazioni per essere vicini, per camminare insieme".
Don Francesco Paolo, è ancora attuale il messaggio di don Bosco? "Non solo è vivo e attuale, ma si rinnova nel tempo. È un messaggio che trova forza perché è di prossimità ed è ciò che chiedono i giovani".
È questa l’emergenza del momento? "La missione più urgente è farsi prossimi a chi abbiamo accanto, a chi ha bisogno di vicinanza, di una presenza nella vita di tuti i giorni, di una presenza rassicurante per non far sentire la solitudine del momento".
Oggi i ragazzi frequentano l’oratorio? "Sì, e sono anche tanti contrariamente a quanto si potrebbe pensare. Ciò ci riempie il cuore e ci fa sentire al centro di una dinamica. E con i giovani ci sono anche le famiglie".
Cosa c’è da fare perché ci sia una maggiore frequenza? "Il sogno che portiamo con noi – racconta il capo della casa salesiana maceratese, nato a Vasto nel 1979 – è stare vicini ai tanti ragazzi perché si facciano prossimi agli altri, non solo rimanendo qui ma facendosi compagni lungo le strade della città e del territorio. Si cerca così di coinvolgere chi non ne è a conoscenza di questa realtà".
Quali sono le strategie adottate? "Valorizzare le aggregazioni attorno agli interessi: il mondo sportivo attraverso la Robur che è ben radicata nel territorio, aprire gli spazi ad altre realtà sportive che accolgono il nostro sistema educativo. Lo stesso discorso vale per i centri culturali come le attività teatrali, poi abbiamo il progetto Betania rivolto all’attenzione e al sostegno di famiglie e ragazzi ai margini".
Lei è stato animatore nei villaggi turistici, ha fatto il barman, ha lavorato nei carabinieri: cosa mancava alla sua vita e ha trovato nel sacerdozio? "Non è che mi mancasse qualcosa, ma ho scoperto qualcosa capace di dare una maggiore pienezza alla vita".
Cosa ha di speciale svolgere la sua missione nei Salesiani? "L’esperienza di don Bosco – spiega don Galante che nel giugno 2013 è stato ordinato sacerdote – ha qualcosa di speciale, c’è una maggiore attenzione verso i giovani, a quelli più poveri. Si tratta di un’attenzione che aiuta a spendere la vita per una missione di futuro, lavorare con i ragazzi dà forza al presente e rilancia il domani".
Cosa avete preparato per oggi che si festeggia don Bosco? "Sarà una festa dal sapore familiare. Ci sarà la messa, un pranzo comunitario e naturalmente momenti di aggregazione e giochi. Ma i festeggiamenti sono iniziati nei giorni scorsi".
Il complesso dei Salesiani venne aperto circa 130 anni fa. Ora è sovradimensionato? "Non abbiamo spazi vuoti per cui non è affatto sovradimensionato perché vengono tutti utilizzati, poi abbiamo rinnovato una convenzione con il Comune. Tutti i luoghi sono vissuti da chi frequenta il centro sportivo, quello culturale, dall’accoglienza ai giovani e allo studio".
Quali emozioni le dà questa missione accanto alle nuove generazioni? "È il ricordo non tanto come elemento di passato, ma di cammino, di trovare lungo la strada lo sguardo di giovani che chiedono di rimanere con loro, un coinvolgimento, una sintonia. Mi toccano nel cuore i loro sguardi, i sorrisi, i giovani che sognano un futuro".
Si pensa ai Salesiani e subito viene in mente l’oratorio o c’è anche dell’altro? "A Macerata c’è un oratorio che è un laboratorio di futuro, uno spazio dove abitare, una parrocchia dove crescere nella fede e non è solo un luogo dove giocare".
Cosa ricorda dell’esperienza a Civitanova? "L’entusiasmo. Non ero ancora salesiano, quella realtà mi ha riempito il cuore, lì si è acceso il mio entusiasmo".
Cosa le ha lasciato questa missione? "La percezione di stare vivendo quello che devo vivere, gli incontri e i giovani hanno generato in me tanta fiducia nella vita, la grande gratitudine di essere salesiano e questa gratitudine mi dà serenità anche nella fatica".
Il suo entusiasmo è evidente, ma ci saranno anche i momenti no. "Ci sono, magari qualcosa su cui ho investito molto evolve in modo differente. Ma fa parte della vita".
E come affronta questi periodi? "Fidandomi di tutto quanto ho vissuto, quell’elemento non è un unicum, ma c’è tanto prima e non sempre tutto funziona in modo lineare. È come nella musica, in ogni partitura c’è bisogno di pause, ci sono anche nella nostra esistenza e danno ritmo alla vita".