Sarnano (Macerata), 3 novembre 2024 – Sarnano, un piccolo paese di tremila anime, gioiello medievale adagiato sui Sibillini in provincia di Macerata, nasconde ancora dopo 44 anni i segreti legati alla morte di Jeannette Bishop May, 40enne inglese ex moglie del banchiere Evelyn Rothschild, e Gabriella Guerin, 39enne friulana che le faceva da interprete.
La baronessa, affascinante personaggio del jet set mondiale innamorata della montagna, aveva scelto proprio quel piccolo paese per comprare e ristrutturare un casolare. Ma lì perse anche la vita con la sua segretaria, in circostanze tuttora piene di mistero che hanno suggerito scenari internazionali, coinvolgendo persino la criminalità organizzata. Ora la procura di Macerata ha riaperto le indagini ipotizzando un duplice omicidio, e dalla prossima settimana i carabinieri inizieranno a sentire una decina di testimoni, cioè chi all’epoca a Sarnano ebbe a che fare con le due donne.
“È come se le indagini dell’epoca avessero seguito mille fili, senza però approdare ad alcuna conclusione – spiega il procuratore di Macerata, Giovanni Narbone –. Oggi vogliamo provare ad arrivarci, a una conclusione, che probabilmente non ha nulla a che vedere con gli scenari internazionale ipotizzati, ma si trova ancora lì, a Sarnano, dove tutto è successo”.
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Il 25 novembre 1980 Jeanette May Rothschild e Gabriella Guerin si incontrarono a Sarnano. La baronessa doveva concludere le trattative per la casa colonica acquistata quell’estate. Sabato 29, poco prima delle 13, il geometra Nazzareno Venanzi, incaricato dei lavori alla casa, vide le due donne, che gli dissero di voler salire in montagna, verso Sassotetto. Alle 14.30 avevano appuntamento con il precedente proprietario del casale, ma non ci andarono mai. Il giorno dopo, saputo che non erano rientrate in albergo, fu proprio il geometra a dare l’allarme ai carabinieri di Sarnano, preoccupato anche dalla tormenta di neve che si era abbattuta sull’entroterra.
Diversi testimoni indicarono dove e quando avevano visto le due donne, che però sembravano sparite nel nulla. Il 18 dicembre, ad Acquacanina, un elicottero localizzò la Peugeot della baronessa. L’auto era chiusa, all’interno c’erano alcuni effetti personali. Non lontano da lì, in casa Galloppa, furono trovate tracce di mobili bruciati, piatti con avanzi di cibo e posate sporche. Oltre 500 uomini setacciarono le montagne, senza trovare traccia delle scomparse.
Solo 14 mesi dopo, il 27 gennaio 1982, alcuni cacciatori individuarono i poveri resti delle donne in un bosco a Fiastra, a trenta chilometri dal lugo della scomparsa. Il professor Mario Graev eseguì l’autopsia e le analisi, per stabilire che erano proprio la baronessa e la sua segretaria.
Le indagini seguirono moltissime piste, anche in Gran Bretagna e in Austria. Una riguardava la casa d’aste Christie’s, nella cui sede romana furono rubati gioielli nella notte tra il 30 novembre e il primo dicembre; due telegrammi, l’uno inviato al direttore della casa d’aste il 3 dicembre e l’altro alla baronessa, il 6, legavano la donna a quell’episodio. Tra i contatti della 40enne spuntarono poi una serie di personaggi che fecero ipotizzare collegamenti con Roberto Calvi e Licio Gelli. Ma nonostante gli sforzi, nel 1989 il giudice Alessandro Iacoboni archiviò l’indagine.
“La prova dell’assassinio non esiste – scrisse –, ma è altrettanto certo che è ben lontana dall’essere raggiunta la prova sicura o soltanto probabile della morte bianca”.
Nei mesi scorsi, i carabinieri di Macerata e il reparto Crimini violenti del Ros di Roma hanno riletto tutte le carte, trovando incongruenze e punti oscuri, su cui tuttora potrebbe essere possibile fare chiarezza. Tra questi, le circostanze del ritrovamento dei resti: quando il marito della baronessa offrì una ricompensa a chi l’avesse trovata, si fecero avanti due uomini, che dissero di aver individuato i corpi andando a caccia di cinghiali. Tuttavia, durante le ricerche la zona era stata battuta palmo a palmo, senza mai trovare nulla. I due cacciatori sono ancora vivi, e anche loro saranno sentiti nei prossimi giorni insieme con tutti coloro che, all’epoca, ebbero a che fare con le donne.
La chiave del mistero, per la procura, è a Sarnano. “Qui questa storia è ancora molto sentita – racconta il sindaco Fabio Fantegrossi –. C’è un alone di mistero, chi parla della banda della Magliana, chi ricorda di averle viste il giorno della scomparsa, qualcuno ipotizza anche che la baronessa avesse un amante qui. Ma ormai siamo quasi nella leggenda, i racconti si tramandano ed è difficile capire che cosa ci sia di vero. La storia però è molto sentita, e speriamo che questa sia la volta buona per scoprire la verità”.