Porto Recanati (Macerata), 30 novembre 2018 - C'è un indagato per la morte di Cameyi Mossammet, la 15enne scomparsa nel nulla otto anni fa: il suo fidanzato, Monir Kazi, è infatti accusato dalla procura di Macerata di omicidio e occultamento di cadavere. È l’ultimo atto dell’inchiesta ripartita a marzo, dopo il ritrovamento di alcune ossa sepolte vicino all’Hotel House di Porto Recanati. Il 29 maggio del 2010, la ragazzina di origini bengalesi uscì dal suo appartamento, in una casa fatiscente in via Marchetti, ad Ancona, per andare a scuola.
Da quella mattina, di lei non si seppe più nulla. Dopo la denuncia di scomparsa, si scoprì che era andata all’Hotel House, dove l’avevano vista alcuni residenti. Le ultime tracce del suo cellulare la localizzavano in quella zona. All’Hotel House abitava il 20enne Monir Kazi, il suo fidanzato. Nell’appartamento di lui fu trovato un cuscino intriso di sangue e un cappello da cowboy della 15enne. Il ragazzo finì sotto inchiesta, senza però che si arrivasse mai ad una conclusione.
Il 29 marzo, in un campo alle spalle del palazzone, furono per caso trovate delle ossa, che fecero riaprire il caso della ragazzina. Tra i vari resti c’era un cranio: dalla polpa del dente è stato possibile ricavare il dna e compararlo con quello della madre della ragazzina, per accertare che si trattava proprio di Cameyi. A quel punto, la procura di Macerata ha iniziato a indagare per omicidio e occultamento di cadavere: il principale indiziato è stato da subito il fidanzato. Ieri mattina, Monir Kazi avrebbe dovuto essere interrogato, ma non si è presentato.
Sebbene non ci siano protocolli ufficiali tra Italia e Bangladesh, la procura di Macerata aveva chiesto alle autorità bengalesi di contattare il ragazzo – che adesso si trova là – per farlo venire in Italia. Ma lui non si è fatto vivo. Il procuratore capo di Macerata, Giovanni Giorgio, e il sostituto procuratore Rosanna Buccini ritengono che a carico del ragazzo si configurino i due reati di omicidio e occultamento di cadavere, alla luce delle indagini – definite «ottime» dalla procura – condotte dagli agenti della squadra mobile di Ancona, diretti da Carlo Pinto.
In particolare, sarebbe emerso in maniera inconfutabile che Camey era con il 20enne la mattina in cui sparì, al contrario di quanto aveva dichiarato lui all’epoca. Lo dimostrano le riprese del sistema di videosorveglianza della stazione di Porto Recanati. Inoltre, il telefono della ragazza era in funzione fino a poco prima delle 12 di quel giorno, e in quel momento, per la procura, lei sarebbe stata con Monir. Sarebbe anche emerso che il ragazzo era molto geloso, al punto da arrivare ad aggredirla e minacciarla: altri elementi avrebbero confermato agli inquirenti l’indole violenta del ragazzo. Purtroppo, l’indagine della procura trova ostacoli significativi. In primo luogo, i resti della ragazzina recuperati non consentono più di stabilire la causa della sua morte. Inoltre mancano dei testimoni, che possano dire che cosa sia accaduto all’Hotel House quella mattina, dopo le 12.
Un punto fermo è invece il malore verso le 15 del 29 maggio, quando il bengalese chiamò la Croce Azzurra di Porto Recanati. Per poter fare luce su un delitto efferato, ai danni di una ragazzina di 15 anni, il procuratore capo Giorgio auspica che chiunque possa dare elementi utili, informazioni o indizi, si rivolga ai carabinieri, alla polizia, alla Finanza o direttamente in procura, per riuscire a trovare, chi ha ucciso Camey.