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Falsi vaccini, Lattanzi intercettata con Mecozzi: "Qui fanno tutti riferimento a me"

La veterinaria civitanovese e il ristoratore parlavano in codice al telefono di clienti da portare a cena Contro la donna anche le dichiarazioni di Luchetti: 2.400 euro in una busta con la scritta "Per Francesca"

La civitanovese Maria Francesca Lattanzi

La civitanovese Maria Francesca Lattanzi

Civitanova, 23 febbraio 2022 - "Con un entusiasmo e un impegno degni di altra causa, si è data alacremente da fare perché il maggior numero di persone conseguisse il Green pass mediante la simulazione della vaccinazione, divenendo il punto di riferimento di un gran numero di soggetti anche da fuori provincia e regione, spendendo tempo e capacità e dimostrando totale spregio delle regole e disinteresse alla loro applicazione". Così scrive il giudice per le indagini preliminari di Ancona Carlo Masini di Maria Francesca Lattanzi, la veterinaria, ma anche ristoratrice e operatrice balneare di Civitanova finita agli arresti domiciliari per l’inchiesta sui falsi vaccini. Undici persone avrebbero avuto il falso vaccino grazie a lei. "Un ganglo essenziale", la definisce la procura di Ancona.

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"Qua fanno tutti riferimento a me", dice la donna in una conversazione intercettata il 28 dicembre con Daniele Mecozzi, titolare del Casablanca di Civitanova, già ai domiciliari da gennaio e ritenuto un altro dei collettori di no vax da portare all’infermiere Emanuele Luchetti ad Ancona. Lattanzi e Mecozzi sono amici da sempre, e in questa occasione, secondo l’accusa, avrebbero collaborato per individuare persone a cui far avere il Green pass senza siero. Lattanzi avrebbe iniziato dopo l’8 dicembre, dopo aver cioè anche lei ricevuto la falsa somministrazione. Numerose sono le conversazioni registrate dalla Squadra mobile tra i due. "Gli altri sono quelli della seconda cena, per risolvere il problema abbiamo capito con Emanuele bisogna che facciamo la seconda cena – gli dice dopo che i Green pass dei falsi vaccinati erano stati bloccati dall’Asur –, più quelli nuovi che sono sei o sette. Saprò tutto tra poco, ma stanno tutti con me". Il 23 dicembre, lei chiama Mecozzi: "Per quanto riguarda i miei amici che verranno a mangiare il 29, se ancora possono venire... però sono 4 o 5, dimmi se sono troppi. Li faccio passare da me".

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Si tratterebbe di un riferimento in codice alla possibilità di ottenere il finto vaccino ad Ancona, per la procura. In un’altra intercettazione, la donna chiede il numero di Luchetti, perché dopo che lei è andata dall’infermiere l’8 dicembre l’ordine dei veterinari le ha contestato il Green pass. Il 28 dicembre prende altri accordi: "Ce n’ho quattro che è disperati... cerca la carne da Bologna". Il 7 gennaio, Lattanzi parla con un amico che vuole il Green pass per il fratello, ma lui è restio. "Non gliene va di vivere nell’illegalità" chiede lei, che parla di 500 euro per questa procedura. L’8 gennaio, riparla con Mecozzi: "Dimmi tu se ho qualche comportamento da correggere. Se tu mi dici le date in cui si può, te ne mando due alla volta, non occorre che vengano in duemila".  

Contro di lei ci sarebbero anche le dichiarazioni dell’infermiere Emanuele Luchetti, oltre a quelle del medico vaccinatore che ha fatto partire le indagini. Tra le altre cose, lui ha visto Mecozzi con una busta in mano, con la scritta "Per Francesca"; il civitanovese avrebbe spiegato che c’erano 2.400 euro, pagati da chi si era presentato all’hub il 23 dicembre. Oggi in tribunale ad Ancona, difesa dall’avvocato Paolo Carnevali, la donna potrà dare la sua versione in merito alle accuse di corruzione, peculato e falso mosse contro di lei.