"Già prima della pandemia erano evidenti i segnali di una crescente fragilità nei giovanissimi. Fino al 2020, però, registravamo un aumento degli accessi del 10%, salito al 30% nel 2021-2022. Oggi, ogni settimana abbiamo da una a tre persone in età pediatrica che passano dal pronto soccorso, per arrivare poi da noi, per patologie psichiche". Maurizio Pincherle primario della neuropsichiatria infantile di Macerata, sottolinea in questo modo il forte disagio che interessa un numero sempre più elevato di giovani e che trova riscontro nelle circa 2.500 visite effettuate ogni anno. Un mondo seguito nelle scuole di ogni ordine e grado anche attraverso l’Unità multidisiciplinare dell’età evolutiva (Umee), per affrontare problemi che riguardano anche i più piccoli, ma sono soprattutto gli adolescenti quelli in maggiore sofferenza.
"Si tratta, in particolare, di 1516enni con atteggiamenti autolesionistici, che si procurano dolore fisico perché, a loro dire, in questo modo si elimina quello psichico. Fanno difficoltà a fare i conti con la sia pur minima frustrazione, non tollerano lo spostamento in avanti della gratificazione. Assumono sostanze, abusano di alcol. C’è chi mi ha detto che ha capito quale sia lo scopo della sua vita, cioè trovare il modo giusto di uccidersi: incredibile, ma vero. Fino a qualche anno fa questi casi erano pochi, ora sono tanti e in crescita", sottolinea Pincherle. Scontiamo l’onda lunga del Covid che ha amplificato processi già in corso. "Nel corso della pandemia – prosegue il neuropsichiatra – sono mancati i due momenti fondamentali: la socializzazione scolastica e l’attività sportiva. Ci sono stati ragazzi che in quel periodo non si vestivano nemmeno, restavano in pigiama per l’intera giornata visto che erano costretti a stare a casa. E, nella maggior parte dei casi, passavano il tempo davanti allo smartphone o al computer, sviluppando una vera e propria dipendenza digitale. In questo modo hanno perso – diciamo così – l’allenamento alla socializzazione, con due effetti conseguenti: in generale è aumentata la difficoltà a relazionarsi, che spesso si traduce in scelte di isolamento e solitudine, con frequenti cadute depressive; dall’altra ritornare alla precedente condizione diventa un’impresa. Ci sono studenti con un rendimento scolastico più che soddisfacente che, però, non riescono ad andare a scuola. Dicono che solo a vedere la propria scuola hanno ansia, si bloccano, non riescono ad agire". In uno scenario del genere che cosa si può fare? "Suggerisco tre consigli – conclude Pincherle –. Il primo è quello di sforzarsi di uscire di casa, trovare persone care che stimolino il lato affettivo ed emotivo, e pensare a qualcosa di bello, anche osservando la natura. Il secondo è quello di evitare di cadere nella dipendenza dai mezzi digitali, poiché bruciano energia psichica. Il terzo, infine, è fare attività sportiva, straordinaria opportunità per migliorare e consolidare la socializzazione".
Franco Veroli