Macerata, 5 marzo 2020 - Il coronavirus fa paura, aumentano i casi di contagi in Regione: due casi in provincia di Macerata. Il Gores ha comunicato questa mattina che sono 124 i tamponi risultati positivi al Coronavirus nelle Marche, su un totale di 413 effettuati. I casi positivi nella provincia di Pesaro Urbino sono 100, nella provincia di Ancona sono 19, nella provincia di Macerata sono 2 e nella provincia di Fermo sono 3. E’ attualmente in aggiornamento il numero dei ricoverati in terapia intensiva. 61 pazienti sono ricoverati nei reparti di malattie infettive. Le persone in isolamento domiciliare sono 704, di cui 643 asintomatici e 61 sintomatici.
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Furti in calo
Dicevamo il virus fa paura anche ai ladri: calano i furti in tutta la provincia, specie quelli in abitazione. Sulla base delle denunce sporte ai carabinieri, a febbraio si sono verificati 30 furti in meno rispetto a gennaio, dei quali 20 nelle abitazioni. Il numero si riduce, infatti, dai 186 del primo mese dell’anno ai 156 di febbraio. Di questi, 27 sono stati quelli messi a segno negli appartamenti. La differenza diventa ancora più evidente se si confronta il mese di febbraio 2020 con lo stesso periodo del 2019, quando i furti denunciati erano stati 281, 73 in appartamento.
Ciò vuole dire che c’è stato un calo macroscopico: sul territorio ci sono stati 125 furti in meno, di cui 46 nelle abitazioni. Un fenomeno, questo, che può spiegarsi sì con la paura del contagio, anche da parte dei ladri, ma anche con la maggiore e più costante presenza in casa dei cittadini, privati di occasioni di vita sociale, dopo che sono stati (ri)chiusi i luoghi di incontro, non solo le scuole ma anche i cinema, i teatri e le biblioteche, e sospese di nuovo tutte le attività sportive. Alessia Bertolazzi, docente dell’Università di Macerata che si occupa di sociologia della salute, analizza il delicato scenario.
Il bilancio nel Veneto - Più vittime anche nelle Marche
"Ci sono meno furti nelle abitazioni perché la gente esce poco, e ciò perché ha paura – spiega –. La direzione verso cui si sta andando è quella dell’isolamento sociale. Sarebbe necessario capire come le persone si informano, soprattutto online, e sarebbe interessante fare un approfondimento di come le notizie sono comunicate. Io ad esempio vivo in Emila-Romagna, qui stanno svuotando i supermercati. È chiaro che la gente non lo fa perché crede che da un giorno all’altro possa venire a mancare il cibo, ma perché spinta dal pensiero ‘se l’emergenza si espande e paralizza tutto, io cosa faccio poi? E se rischio di non trovare più nulla perché viene sospeso il rifornimento di merce? In Cina hanno chiuso tutto, anche le attività produttive. E se succedesse anche da noi?’ C’è da approfondire, appunto, come si arriva a questi pensieri e quindi come avviene la comunicazione: prima si bloccano le zone rosse, poi si parla del virus come di un’influenza o poco più, poi invece si inverte ancora la tendenza e si comincia a parlare di morti". È interessante leggere questa polarizzazione anche sui social – precisa Bertolazzi –, come su Twitter per esempio, dove si oscilla tra la positività, ‘Milano non si ferma’ o, ancora, ‘dobbiamo fare ripartire l’economia’ ‘non bisogna chiudersi in casa’, e concetti che esprimono tutto il contrario e lanciano un continuo allarme e mettono in guardia pure dal pericolo del virus".
E allora come bisogna comportarsi? "Certamente bisogna evitare i contatti sociali non necessari – sottolinea Bertolazzi –, io sono la prima a non effettuare spostamenti non necessari e mi sto attrezzando, come altri colleghi, per svolgere la didattica on line. Tra l’altro, questa è anche una buona occasione per implementare smart working e attività via internet, potenziare questi settori può essere un’opportunità di investimento e di lavoro. Allo stesso tempo, però, bisogna anche avere consapevolezza del rischio, c’è differenza ovviamente tra un ventenne in buona salute e un anziano con patologie, e le persone più a rischio devono evitare i contatti sociali. Le precauzioni vanno prese sempre, ma senza scadere nell’allarmismo: si può uscire di casa con la conoscenza del rischio. Per evitare la psicosi, è fondamentale dare e ricevere informazioni chiare e semplici e affidarsi ai siti ufficiali, come quello del ministero della salute e dell’Oms (organizzazione mondiale della sanità) e poi non cedere alla paura e all’incertezza".