Il nuovo codice della strada non mette al centro la protezione della vita. È incentrato sulla repressione a scontri già avvenuti, ma non interviene davvero in via preventiva su velocità e distrazione. La riforma ostacola la prevenzione e aumenta, anziché abbassare, il conflitto e la violenza stradale.
La potentina Silvia Emiliani è presidente dell’associazione intitolata al suo compagno Manuel Biagiola travolto e ucciso, a 40 anni, sulla Regina, a Potenza Picena, mentre tornava a casa in moto. Era il 29 luglio 2019. Con i suoi familiari e quelli di Manuel, la Emiliani ha dato vita a questa realtà nel ricordo del suo amore, anche al fine di sensibilizzare sul tema della sicurezza. E collabora con la Fondazione Michele Scarponi, il ciclista morto in un incidente mentre si allenava nel suo paese, Filottrano.
Sia l’associazione Manuel Biagiola che quest’ultima, insieme ad altre 24 organizzazioni create dai familiari di vittime sulla strada, hanno inviato una lettera al Senato per chiedere delle modifiche al nuovo codice, appena questo era stato approvato alla Camera; poi il disegno di legge a fine novembre è stato approvato anche dal Senato in via definitiva senza apportare le proposte.
"Nella fase iniziale di revisione le associazioni sono state coinvolte ma poi, nell’atto pratico, non sono stati effettuati cambiamenti – spiega Emiliani –. Abbiamo però ancora una piccola speranza: a parte alcune novità rispetto all’attuale codice che entrano subito in vigore (come gli ostacoli per creare nuove aree pedonali e aree a basse emissioni, e per fare nuove corsie ciclabili), il governo ha un anno di tempo – fino a novembre 2025 – per poter riscrivere da capo un nuovo codice".
Così le associazioni hanno lanciato una petizione: "Fermiamo la strage stradale". Con la lettera le associazioni hanno chiesto al governo di mettere in pausa l’iter di approvazione e di riscriverlo insieme. Tra le misure considerate positive ci sono quelle per la guida in stato di ebbrezza o dopo aver assunto sostanze stupefacenti, l’uso del dispositivo anti-guida alcolock, la sospensione della patente per uso dello smartphone, la promozione dell’attività formativa nelle scuole e l’estensione ai primi tre anni delle limitazioni per i neopatentati. Ma ne evidenziano "molte di più contro le evidenze scientifiche di sicurezza stradale".
Ad esempio "un insieme di interventi tesi a ridurre notevolmente le condizioni di accessibilità e sicurezza per gli utenti fragili della strada e a ridurre le possibilità di realizzazione di infrastrutture ciclabili diffuse nelle città, come corsie ciclabili". Oppure viene introdotto "l’obbligo di sorpasso dei ciclisti a un metro e mezzo ma la formula "ove le condizioni della strada lo consentano" lo rende di fatto inapplicabile". Si complica poi l’introduzione di aree a traffico limitato e pedonali e si riducono le opzioni ai progettisti per creare piste ciclabili.
"In Italia la velocità, nel contesto urbano, è la prima causa di morte per incidenti. Questa riforma si allontana ancora di più dalle legislazioni degli Stati europei che in questi anni hanno ottenuto i migliori risultati nel campo della sicurezza stradale – conclude –. E non cambia la cultura di una visione "autocentrica". La strada è di tutti, non solo delle auto, è condivisione tra chi va in auto, a piedi, in moto, in bici".