FRANCO VEROLI
Cronaca

Caraceni appende il camice al chiodo: "Tanto lavoro e telefono sempre acceso. Ma dopo quarant’anni rifarei tutto"

Dall’Avis all’impegno con le Usca durante la pandemia: va in pensione lo storico medico di base "Gli attestati di stima che sto ricevendo in questi giorni sono la prova che ho ben speso il mio tempo"

Caraceni appende il camice al chiodo: "Tanto lavoro e telefono sempre acceso. Ma dopo quarant’anni rifarei tutto"

Luciano Caraceni, storico medico di medicina generale, in pensione dopo 42 anni

Macerata, 3 settembre 2024 – "Rifarei tutto quello che ho fatto. In questi giorni c’è chi mi chiama, altri scrivono, e ciò mi conforta. Questo lavoro non è stato inutile". Il maceratese Luciano Caraceni, storico medico di famiglia, da sabato scorso ha appeso il camice al chiodo (anche se medici si resta sempre) e va in pensione. Lo fa con la nobile umiltà di chi ha alle spalle una lunga attività, sviluppata sulla base della convinzione che fare il medico di medicina generale non significa limitarsi alla presa in carico del paziente dal punto di vista medico, ma anche stabilire un imprescindibile rapporto di fiducia e di stima reciproca. Impegnato a lungo anche con l’Avis, durante la pandemia è stato in prima linea, anche come coordinatore di una delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) dell’Area Vasta 3.

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Dottor Caraceni, quando è iniziata la sua "avventura"?

"Sono medico dal giugno 1982, da 42 anni; mentre sono medico di famiglia dal 1986, 38 anni. C’è il caso di una famiglia che ho assistito per ben cinque generazioni".

Un tempo il maresciallo dei carabinieri, il parroco e il medico di base erano riferimenti fondamentali. Oggi non è più così. Come mai?

"Sono cambiati i tempi, sono cambiati i rapporti e le relazioni tra le persone, abbiamo perso un po’ di carisma. Ma io rivendico per il medico di medicina generale l’essere ancora oggi un punto di riferimento importante, visto che il rapporto che stabilisce con il paziente va oltre l’aspetto medico. Si stabilisce una relazione più profonda, se vuole confidenziale, con tanti risvolti. In generale sono stato sempre disponibile, pronto al confronto, a qualsiasi ora: se fai questo lavoro non può essere diversamente"

Quali sono i ricordi più belli e quali quelli più tristi?

"Ho avuto moltissimi pazienti, i ricordi sono tanti, ma di brutti non ne trovo. Credo di aver avuto un percorso professionale positivo, a qualcuno avrò salvato anche la vita con una diagnosi azzeccata, per intuito o ragionamento. Con tutti sono riuscito a stabilire una relazione umanamente importante ed efficace. Poi ci sono anche casi particolari. Anni fa aiutai una giovane famiglia con due bambini piccoli in difficoltà economica. È stato un momento significativo".

Cosa è cambiato con la digitalizzazione?

"Nella professione medica ha risvolti particolari e importanti. Ai miei esordi scrivevo a mano le cartelle cliniche. Oggi se arrivo in ambulatorio e non funziona il computer è meglio che torni a casa, perché non si può fare nulla. La tecnologia aiuta da molti punti di vista, basti pensare alla telemedicina e al modo in cui facilita la comunicazione, fatto decisivo per chi, ad esempio, si trova ad operare in aree poco popolate e interne".

I pazienti, però, vanno in rete e si fanno l’autodiagnosi…

"È un fenomeno che, visto lo sviluppo della rete, bisogna mettere in conto. Poi, però, quando ascoltano le parole del medico tutto si chiarisce e tutto va a posto".

Perché oggi in pochi scelgono la medicina di base?

"Per tanti anni ho fatto il tutor di giovani specializzandi e ho scoperto che nessuno aveva mai parlato loro di medicina territoriale. Detto questo, credo che i fattori fondamentali, tra loro legati, siano due: fare il medico di base comporta un impegno forte, direi dieci ore al giorno, con il telefono attaccato dalla mattina alla sera; e poi, oggi i medici sono pochi e, quindi, possono scegliere. E magari pensano che in ospedale possano avere maggiori prospettive di carriera".

Qual è il consuntivo della sua carriera?

"Sono molto soddisfatto di quello che ho fatto, rifarei tutto. Gli attestati di stima che mi sono arrivati in questi giorni, e che continuano ad arrivare, credo siano la prova che ho ben speso il mio tempo".