PAOLA PAGNANELLI
Cronaca

Cannabis light, stop della Cassazione. Il questore: "Giusto così"

La Suprema corte si pronuncia dopo il ricorso di un civitanovese. Il Procuratore: "Accolta la nostra tesi"

Uno dei negozi chiusi a Civitanova

Uno dei negozi chiusi a Civitanova

Macerata, 31 maggio 2019 - Stop alla vendita di prodotti derivati dalla cannabis. Lo hanno deciso ieri le sezioni unite della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della procura di Ancona sul caso del negozio del civitanovese Lorenzo Castignani. Dopo la pronuncia, anche il procuratore capo maceratese Giovanni Giorgio annuncia la ripresa delle attività di sequestro nei cannabis shop, congelate proprio in attesa di questa decisione. Soddisfatto il questore Antonio Pignataro, «per una sentenza che tiene conto dei ragazzi». Ma l’avvocato Carlo Alberto Zaina, legale di Castignani, ritiene che la questione non sia affatto chiara.

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Diversi sequestri nei cannabis shop erano finiti all’esame della Cassazione, e le decisioni erano state contrastanti. Per questo, quando la procura di Ancona ha fatto ricorso sul dissequestro dei prodotti presi dalla polizia, la parola è passata alle sezioni unite, per dare una interpretazione univoca. Il contrasto nasceva dalla legge 242 del 2016, che ha autorizzato le coltivazioni di canapa con un livello di tetraidrocannabinolo, il principio attivo della canapa, fino allo 0,6 per cento. «Integrano il reato previsto dal Testo unico sulle droghe – hanno scritto ieri i giudici – le condotte di cessione, vendita, e in genere la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante».

In particolare, la vendita di «foglie, inflorescenze, olio, resina non rientra nell’ambito di applicazione della legge 242». Quella legge infatti «qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole, che elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati». «La Cassazione ha accolto la nostra tesi ed è stata ancora più drastica – ha aggiunto il procuratore capo Giovanni Giorgio – dicendo che è vietata la vendita di sostanza con efficacia drogante senza indicare percentuali limite». «I cannabis shop possono vendere biscotti e olio di canapa, ma non le infiorescenze – ha precisato il questore Pignataro –. Del resto, tutti gli studi più autorevoli confermano che la cannabis non può essere considerata come il tabacco o l’alcol, è molto più dannosa per il cervello soprattutto per persone tra i 14 e i 19 anni».

Ma l'avvocato Zaina, legale di Castignani, ritiene sia meglio aspettare tutto il testo della decisione, di cui la Cassazione ha reso noto per ora solo il dispositivo. «Un dato convenzionale riportato in numerosissime sentenze – ha dichiarato – esclude l’efficacia drogante della cannabis al di sotto del 0,5 per cento, frutto di una elaborazione scientifica e condiviso dalla Cassazione dal 1989. Tra l’altro non è chiaro se l’efficacia drogante vada calcolata in termini di percentuale o di peso. Insomma, mi sembra si sia fatta poca chiarezza. Bisognerà vedere anche discutere del dolo per la commissione del reato: chi vendeva questi prodotti era del tutto certo che fossero assolutamente leciti».