Macerata, 10 ottobre 2024 – "Sono mesi che grido il mio dolore alle istituzioni e al ministero". Continua la battaglia di Fabrizio Gentili, 47enne tolentinate professore di matematica e fisica al liceo scientifico di Macerata, che da oltre due anni combatte contro effetti collaterali gravissimi dovuti a un antibiotico. Lo fa raccontando la sua esperienza anche sui social, affinché non succeda più quello che è successo a lui e alle altre persone che hanno avuto lo stesso problema. E con la speranza che qualcosa cambi. Ma l’ultimo avvenimento che ha voluto segnalare è purtroppo tragico: un 22enne della provincia di Frosinone, che pure aveva assunto lo stesso antibiotico, ha deciso di farla finita.
"Era un ragazzo brillante, sportivo – racconta Gentili –, laureato in psicologia. Dopo tre giorni dall’assunzione del farmaco, ha detto di iniziare ad avere attacchi di panico, non dormiva più, non usciva più; era stato colpito a livello neurologico. Mi aveva contattato lui, ci eravamo conosciuti tramite il gruppo Facebook ("Fluorochinoloni – Gruppo di supporto per i danneggiati da antibiotico") e mi aveva detto che non ce la faceva più, "mi arrendo". Per me è stata una grandissima pena. Io sono riuscito a sopportare dolori fisici atroci grazie anche al supporto della famiglia, ho un’età diversa. Ma ragazzi così giovani vedono crollarsi il mondo addosso da un momento all’altro. Diversi di loro mi hanno raccontato una profonda sofferenza. Questa volta c’è scappato il morto".
Il prof. Gentili spiega che il 22enne avrebbe voluto che la gente sapesse, fosse messa in guardia dall’utilizzare gli stessi antibiotici "che mi hanno reso invalido e che a lui hanno distrutto la vita". "La stessa Aifa (Agenzia italiana del farmaco) – aggiunge – raccomanda di non prescrivere l’antibiotico se non in terza battuta. Tanti sono gli effetti collaterali". "A luglio 2022, dopo l’assunzione del Ciproxin, la mia vita è cambiata bruscamente: un medicinale preso per guarire da un’infezione alle vie urinarie mi ha stravolto l’esistenza. Passo dall’essere un atleta, iperattivo per 18 ore ogni giorno, all’essere immobilizzato su un divano con le fasce alle braccia per evitare di sopportarne il peso, dolori ai tendini di tutto il corpo, talmente forti che per circa 9 mesi sono stato imboccato da mia moglie e dai suoceri. Ero paralizzato dal dolore".
Da lì è iniziato il suo peregrinare per ospedali. Tutto a proprie spese, tra integratori, visite e terapie, qualche decina di migliaia di euro. E con un’invalidità al 60%, una patologia riconosciuta come non grave perché non c’è diagnosi, nonostante sul certificato compaia allo stesso tempo il fatto che non possa né scrivere né guidare, cioè in pratica che non sia autonoma. Ha rischiato di perdere anche il posto di lavoro. Ma oggi è tornato a lavorare. "Sto migliorando, soprattutto alle gambe. Riesco a camminare anche 20-30 minuti al giorno (non sempre ma molto spesso), purtroppo i problemi principali sono alle braccia – prosegue –. Se non faccio troppi sforzi non ho particolari dolori, ma è una vita da invalido". A fine mese inizierà una terapia sperimentale. "Intanto ho vinto un concorso all’università di Camerino e lavoro online da casa come formatore dei docenti che prendono l’abilitazione – prosegue –. Questo è un passo importante. Tanti malati mi chiedono consigli, si sfogano, cercano conforto, ma io non ce la faccio più a vedere queste sofferenze. Non ho più fiducia nelle istituzioni. Chi si trova nelle nostre condizioni non ha diritto a niente, è scandaloso. Le istituzioni mi hanno e ci hanno lasciati soli... ci dobbiamo aiutare tra di noi, supportare. Il gruppo Facebook è una comunità che cerca di aiutarsi, per uno spiraglio di speranza. I danneggiati sono lasciati da solo contro qualcosa di troppo grande: se non si ha la fortuna di avere una situazione familiare ed economica stabile, purtroppo la disperazione può portare a queste tragedie. Lo Stato deve classificare queste morti come effetti avversi da antibiotico e non come classica depressione".