Mancano pochi giorni alla fine dell’anno e, probabilmente, sia pure di poco, i numeri potrebbero cambiare. Ma quelli già disponibili parlano chiaro: dal 2017 ad oggi, alla data del 12 dicembre, il numero dei parti nei diversi punti nascita della regione e della provincia registra un vero e proprio crollo.
Sette anni fa, tra l’ospedale di Macerata (1.385) e quello di Civitanova (708), i nuovi venuti al mondo sono stati 2.093; nel 2024, ad oggi, sono scesi, rispettivamente, a 1.058 e 571, per un totale di 1.629, 464 in meno. Questo dicono i dati Cedap (Certificati di assistenza al parto), un sistema di rilevazione del Ministero della Salute effettuato di concerto con Istat e Regione.
Se, poi, andiamo indietro fino al 2008, quando i punti nascita in provincia erano quattro, la differenza è molto più elevata: 457 nati all’ospedale di Recanati, 694 in quello di Civitanova, 1.137 in quello di Macerata, 752 in quello di San Severino, per un totale di 3.040 nascite. Rispetto alla situazione attuale c’è un drastico calo di 1.411 parti, una riduzione media di quasi 90 nati l’anno. Numeri che riflettono un quadro regionale altrettanto preoccupante.
Nel 2017 i parti registrati nei punti nascita delle Marche sono stati 10.450, mentre nel 2024 sono 7.234, 3.216 in meno, un calo medio di quasi 500 nati l’anno. Se il confronto, anche in questo caso, viene spostato al 2008, la differenza è clamorosa: allora nelle Marche i nati furono 14.529, praticamente il doppio rispetto a quelli attuali.
I primi effetti di questa tendenza consolidata si fanno già sentire nella scuola dell’Infanzia, dove diminuisce il numero degli iscritti, con qualche segnale già anche alla Primaria. Ma da qui a cinque/sei anni, l’impatto sarà generalizzato su tutte le scuole di ogni ordine e grado, questo è certo. Per non parlare di quelli sul lavoro (sempre meno giovani) e sulla sanità (sempre più anziani).
Se non si inverte la tendenza, e non sembra proprio che questa eventualità sia dietro l’angolo, cambia completamente lo scenario su cui ragionare. Il calo è solo in parte spiegabile con una rete di servizi non sempre adeguata, dall’età media sempre più alta in cui una donna mette al mondo il primo figlio (in provincia 32 anni), o dalle condizioni economiche, che pure hanno un peso significativo.
C’è anche un altro aspetto: più il tempo passa, più sembra emergere un modo di pensare molto diverso rispetto a quello di qualche anno fa, nel senso che ci sono sempre più coppie che a mettere al mondo figli proprio non ci pensano. Così, come, su un fronte opposto, cresce anche il numero di coppie che, pur desiderando un figlio, non riesce ad averlo, per problemi di fertilità o dell’uomo o della donna.
Naturalmente, come già rilevato altre volte, il fenomeno, che interessa l’intero territorio provinciale, è molto più accentuato nelle aree interne, con alcuni paesi che rischiano di diventare dei centri fantasma, nonostante gli sforzi in atto, specie nei comuni del cratere alle prese con la ricostruzione.