"Botte e violenze, ma io lo amavo"

In tribunale una donna racconta gli abusi subiti dall’ex compagno, quando erano insieme a Porto Recanati

"Botte e violenze, ma io lo amavo"

"Botte e violenze, ma io lo amavo"

"Non l’ho denunciato prima perché ero innamorata. Mi picchiava tutte le sere, ma ho preferito non andare in ospedale". A parlare ieri in aula davanti al collegio presieduto dal giudice Andrea Belli è stata una 37enne originaria dell’Est, che da febbraio a luglio del 2022 sarebbe stata vittima di maltrattamenti da parte dell’allora compagno, un 35enne pakistano. L’uomo è accusato anche di violenza sessuale, sequestro di persona, violenza privata e stalking aggravato. Ieri la vittima ha confermato le accuse, spiegando di non aver subito denunciato il suo compagno perché era innamorata di lui. Rispondendo alle domande del difensore dell’imputato, l’avvocato Sandro Pugliese, la donna ha poi affermato che nel corso della relazione con il pakistano quest’ultimo le aveva dato più di 10 cellulari. "Quindi avrebbe potuto chiamare il 112?", ha chiesto il legale. "Sì ma non l’ho fatto" ha risposto lei. "Il sequestro di persona non si è mai realizzato, avrebbe potuto chiedere aiuto se avesse voluto e aveva le chiavi di casa" ha commentato a margine dell’udienza l’avvocato difensore. Nel corso del procedimento è stata sentita anche la mamma della persona offesa; la donna ha detto che la figlia era psicologicamente succube del compagno. Dopo le due donne, l’udienza è stata rinviata al 10 febbraio per continuare a sentire i testimoni indicati dalla procura.

Per l’accusa, ieri sostenuta in aula dal pubblico ministero Stefania Ciccioli, l’imputato per circa quattro mesi avrebbe picchiato praticamente ogni giorno la donna, e in un contesto di umiliazioni e di minacce fatte anche con un coltello l’avrebbe anche costretta a rapporti sessuali giornalieri. Una volta, puntandole il coltello, l’avrebbe costretta a seguirlo in un casolare nel territorio di Loreto dove l’avrebbe picchiata ripetutamente. Da lì l’avrebbe costretta a spostarsi in un appartamento a Civitanova e poi in un’abitazione a Recanati. Un giorno lei era riuscita a fuggire, aveva raggiunto la Guardia di finanza di Porto Recanati per denunciarlo ma lì il pakistano l’avrebbe chiamata al telefono e l’avrebbe minacciata che l’avrebbe ammazzata se lo avesse denunciato.

Finito in carcere, il pakistano avrebbe continuato a minacciarla anche da lì, utilizzando i colloqui settimanali con la sorella tramite WhatsApp, nei quali veniva poi aggiunta anche la vittima.

Al momento lui sta scontando in carcere una condanna a undici anni per spaccio.

Benedetta Lombo