CHIARA MARINELLI
Cronaca

Banca clandestina, cinese torna in libertà

L’operazione della Finanza aveva smantellato una presunta rete tra Corridonia e Civitanova che ripuliva denaro dalla provenienza illecita

L’inchiesta delle. Fiamme Gialle. era stata denominata «No Name»

L’inchiesta delle. Fiamme Gialle. era stata denominata «No Name»

Banca clandestina cinese, torna libero uno dei due uomini, che vive a Corridonia, ritenuti i soggetti promotori dell’organizzazione smantellata dalla Guardia di Finanza, lo scorso ottobre. Il gip Daniela Bellesi del tribunale di Macerata, accogliendo la richiesta dei suoi legali, gli avvocati Salvatore Santagata e Fabrizio Basile del foro di Bologna, ieri ha sostituito nei confronti di Yinshun Zhang la misura della custodia cautelare in carcere con quella dell’obbligo di dimora nel comune di Corridonia, disponendo l’immediata scarcerazione dell’uomo.

Il cinese era finito nei guai al termine dell’operazione "No Name", svolta dalle fiamme gialle tra Civitanova e Corridonia, per smantellare una presunta organizzazione criminale cinese particolarmente articolata sul territorio, che avrebbe costituito anche una banca clandestina per ripulire il denaro di provenienza illecita, associazione ora accusata di frode fiscale internazionale per centinaia di milioni di euro, di riciclaggio e autoriciclaggio. Erano trentatré le persone di nazionalità cinese raggiunte da misure cautelari personali e reali, delle quali due già in carcere – i due soggetti considerati promotori –, altre cinque agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico e altri due appartenenti al clan sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Sequestrati beni e disponibilità finanziarie per oltre 116 milioni di euro, che riguarda i sigilli posti a nove immobili, cinque ristoranti, conti correnti, auto di lusso che erano in posseso degli indagati (Porsche, Mercedes e Audi). In particolare è stata sequestrata una cittadella commerciale a Civitanova all’interno della quale ci sono vari punti vendita al dettaglio e all’ingrosso gestiti da cinesi.

Secondo le indagini, la frode internazionale funzionava così: numerose imprese, in realtà inesistenti, importavano dalla Cina centinaia di container che trasportavano soprattutto abbigliamento e accessori che giungevano in Italia dopo una serie di triangolazioni con società fittizie che permettevano all’associazione di eludere il pagamento dell’Iva e di diminuire quello dei dazi doganali, sottraendo così a tassazione oltre 500 milioni di euro. Il denaro veniva riciclato per mezzo di una banca clandestina cinese, un sistema bancario occulto ma ben presente sul territorio, addirittura con "sportelli" fisici a Civitanova e Corridonia, uno all’interno di una villa e gli altri due in un’agenzia di viaggi e in un cash&carry. Il cinese scarcerato ieri è stato definito capo "ma non c’entrerebbe nulla – sostiene la difesa – la parola capo nelle traduzioni delle intercettazioni sarebbe stata usata male, indicato in quel modo solo perché è il più vecchio".

Chiara Marinelli