di Chiara Sentimenti
Una passione per la danza scoppiata quando aveva appena otto anni e coltivata nel tempo con dedizione e sacrificio. Edoardo Caporaletti, 27enne di Montecosaro, non nasconde di aver dovuto rinunciare a molte cose che avrebbe fatto un qualsiasi giovane della sua età, a partire dalla voglia di provare a iscriversi all’Università, ma oggi che è diventato ballerino solista nella Scuola di danza del teatro alla Scala di Milano, può dire davvero che i suoi sforzi sono stati ripagati.
Caporaletti, come si è avvicinato alla danza?
"Sin da quando avevo otto anni, vedevo la mia vicina di casa che danzava e una sera sono andato a vedere un suo spettacolo e mi sono incuriosito. Così i miei geniori mi hanno iscritto alla scuola di danza di Giosy Sampaolo a Montecosaro e da lì è partito tutto. All’inizio è stato quasi un gioco, ma Giosy ha avuto una grande fiducia in me e mi ha portato al mio primo provino a Milano".
Quando ha capito che la danza poteva diventare qualcosa di più di un gioco?
"Quasi subito, perché vedevo che mi prendeva molto di più rispetto ad altre attività. C’era un fuoco particolare dentro di me ogni volta che danzavo, ma non avrei mai pensato di poter arrivare dove sono oggi e che la danza potesse diventare il mio lavoro".
Cosa ricorda del suo primo provino a Milano?
"Avevo 11 anni ed ero emozionatissimo. Per un bambino che veniva da un paesino come Montecosaro prendere un treno e arrivare a Milano sembrava già un’impresa. Poi la scuola di ballo si trovava in una via strettissima dove, nel giorno delle audizioni, si affollava tanta gente. Ricordo il grande portone di legno che si chiudeva al termine delle selezioni e si riapriva solo quando veniva affisso l’elenco dei nomi di chi le aveva superate. La mia prima selezione, però, non è andata bene, così sono tornato a Montecosaro e mi sono rimesso a studiare".
Ma aver fallito la prima selezione non l’ha demoralizzata.
"No ho riprovato e, nel 2007, sono stato ammesso nella Scuola di danza del teatro alla Scala e, nel 2013, sono entrato a far parte del corpo di ballo. È un percorso complesso perché ogni anno dobbiamo superare un esame di sbarramento ma, finora, ce l’ho sempre fatta, anche se non mi sono mai potuto godere a pieno la gioia, perché ho dovuto salutare amici che non ce l’hanno fatta".
E adesso è diventato anche ballerino solista?
"Sì, ogni tanto ho la fortuna di avere anche ruoli da solista".
Come sono stati due anni senza spettacoli dal vivo?
"Disastrosi perché all’inizio non ci potevamo nemmeno allenare. Cercavamo di fare qualcosa a casa, ma passare da sette ore di prove ogni giorno, a zero, è stato davvero pesante. Per fortuna da settembre 2020 il teatro ci ha permesso di tornare a fare le prove e abbiamo registrato qualche spettacolo per lo stremaing. Ma abbiamo perso un po’ di naturalezza sul palco. A maggio dello scorso anno, invece, siamo tornati a esibirci davanti al pubblico ed è stato bellissimo, mi sembrava di sognare. Adesso siamo in scena con lo spettacolo "Silvia" del nostro direttore d’orchestra e ne stiamo preparando un altro per giugno, poi speriamo di poter tornare anche a fare le tournée. A ottobre, infatti, probabilmente saremo negli Emirati Arabi".
Per arrivare alla Scala ha dovuto rinunciare ai divertimenti tipici dei ragazzi.
"Sì, me ne sto accorgendo adesso. Finché sono stato in Accademia forse non me ne sono reso conto, perché non avevo tempo di guardare cosa succedeva fuori dal mio mondo. Ero sereno e concentrato sul mio obiettivo. Poi, entrando nel corpo di ballo, gli equilibri sono cambiati e sto cercando di costruirmi anche una vita al di fuori della danza. Forse una delle cose che più mi è mancata è stato il periodo universitario".
A quale facoltà si sarebbe iscritto?
"Una mia passione è l’arredamento, ma una ancora più grande è la cucina. Anche perché a casa ho visto sempre mia nonna cucinare".
C’è un piatto che sa cucinare meglio?
"La pizza, sono un mastro pizzaiolo ed è risaputo anche tra i miei compagni".