Macerata 17 luglio 2019 - Colpo di scena nel processo sulla morte della 19enne Azka Riaz, in tribunale a Macerata. Alla fine dell’udienza di oggi, la procura ha accusato il padre dell’omicidio volontario della figlia, e non più di omicidio preterintenzionale. L’uomo, Muhammad Riaz, pakistano di 47 anni, è sotto processo in corte d’assise anche per violenza sessuale ai danni di Azka e della della sorella, di maltrattamenti in famiglia e lesioni anche contro gli altri due figli maschi. La figlia maggiore era morta in seguito a un incidente avvenuto il 24 febbraio dell’anno scorso. Ma il conducente dell’auto che l’aveva investita aveva detto di averla vista già lunga sull’asfalto, e l’autopsia rivelò segni di lesioni che non avevano nulla a che fare con l’auto. Da qui l’accusa al padre di averla colpita e lasciata a terra. Ma oggi pomeriggio l’accusa è diventata quella di omicidio volontario, come richiesto al termine dell’udienza dal pubblico ministero Rita Barbieri.
A sostegno dell’accusa, per la procura, una serie di elementi, tra cui anche le dichiarazioni fatte oggi in aula dalla moglie di Riaz, arrivata appositamente dal Pakistan. La donna ha detto che le figlie al telefono le dicevano degli abusi subiti del padre, che le avrebbe anche costrette ad abortire, e ha anche spiegato di non essere riuscita a venire in Italia perché il marito aveva spedito i documenti ai familiari di lui, che glieli avevano dati troppo tardi perché lei riuscisse a completare le pratiche in Pakistan. «Se fossimo in Pakistan li avrei già uccisi» avrebbe detto al telefono Riaz alla moglie, quando aveva saputo che i figli lo avevano denunciato per i maltrattamenti. Azka venne uccisa proprio pochi giorni prima che fosse sentita in procura in merito a quelle accuse. L’imputato, difeso dall’avvocato Giorgio Laganà, respinge ogni accusa. La moglie è parte civile al processo con l’avvocato Maurizio Nardozza, i figli con l’avvocato Paolo Carnevali.
La prossima udienza sarà l’11 settembre.