CATERINA STAMIN
Cronaca

Imola, Walter Conti e una vita in officina. "Tutto grazie a mio padre"

‘Nuvola’ racconta il laboratorio di via Altabelli e la passione trasmessa da papà Detalmo: "Era lui il vero artista, mi ha insegnato i segreti del mestiere"

‘Nuvola’ al lavoro nel suo habitat naturale, impegnato a saldare nel proprio laboratorio

Imola, 10 febbraio 2020 - Quella di Detalmo e Walter Conti è la storia di un padre e un figlio che hanno condiviso una passione, diventata una missione più che un lavoro. Walter, da tutti conosciuto come ‘Nuvola’, quando ripensa al suo ‘grande papà inventore’ abbassa gli occhi e mentre parla degli altri zii non manca mai di ricordare anche il cognome, con una fierezza quasi involontaria: Conti. L’officina Conti, prima in viale De Amicis e ora in via Altabelli, è un punto di riferimento dal 1916 per chiunque abbia bisogno di aggiustare o voglia ridare vita a qualche oggetto portafortuna o un cimelio di famiglia. Quando entri nell’officina dei fratelli Conti, Walter e Adriano, percepisci il senso del tempo che sembra essersi fermato: alcuni oggetti nemmeno si riconoscono, mentre a certi attrezzi non si saprebbe dare un nome. Ma lui sa perfettamente cosa sono e cosa potrebbero diventare: Walter, attraverso quegli occhiali da saldatore ereditati dal papà Detalmo, detto ‘Mo’, vede cose che noi vediamo solo a lavoro finito. Chi conosce Nuvola sa che, con qualsiasi temperatura, lui arriverà in officina sul suo Piaggio Ciao e, appena entrato accenderà la musica, forse inconsciamente, in quello stereo del 1968. "Mio padre era un amante della musica, ascoltava soprattutto le opere liriche e mia madre mi diceva che cantava ma gli tiravano i pomodori in faccia – ride. E poi, continuando il racconto, abbassa gli occhi, per nascondere la commozione –. Era un uomo buono, mai arrabbiato e sempre disponibile. Nel suo lavoro sapeva fare di tutto. Per raccontarmi quanto erano bravi lui e i suoi fratelli usava un aneddoto: mi diceva che mio zio Raniero Conti saldò un’elica di un aeroplano in moto". Il ritratto di Walter adolescente è come il Nuvola di adesso: stesso temperamento, stessa dedizione per il suo lavoro, stessi capelli bianchi. "Mi chiamano Nuvola perché i primi ciuffi bianchi mi sono spuntati quando non avevo neanche 18 anni. Un mio amico, al tempo, è affogato e mia madre mi diceva sempre che mi sono venuti i capelli bianchi dallo choc". Come se non ci fosse più niente da aggiungere, chiede: "Abbiamo finito con l’intervista?". Poi ricomincia a parlare da dove, con ogni probabilità, voleva far partire la propria storia: "Ad aprire l’officina è stato mio nonno Eugenio Conti. Mio padre fin da piccolo lo aiutava e ha imparato il mestiere per trasmetterlo a me e mio fratello. Io, invece, dopo tre anni di professionale, al quarto ho deciso di intraprendere il corso sperimentale del professionale, un diploma leggermente superiore a quello di un operaio specializzato". Il lavoro in officina non è iniziato né in viale De Amicis né in via Altabelli. "Nel 1978 ero a Savona a fare il militare: dissi che mio padre era un saldatore e mi misero a lavorare in officina". Walter racconta le sue esperienze giovanili su e giù per l’Italia, da Roma a Pordenone, aggiungendo dettagli, quasi a perdersi fra i ricordi e senza più chiedere se fosse finita l’intervista, come se la reticenza iniziale fosse scomparsa. Entrano clienti in officina, ma lui non si interrompe: "Mio padre aveva sei fratelli. Ho iniziato a lavorare con lui e altri due zii, tutti saldatori. Come attività mi è piaciuta fin da subito, mentre come professione ho dovuto coltivarla: sono stato tre anni a osservare mio padre. Facevo il manovale, gli passavo gli oggetti. Poi nel 1987 ci siamo trasferiti qui, solo io e lui". Nuvola fa segno con le mani di guardare la struttura dell’officina: "Tutto questo l’abbiamo messo su insieme". La squadra si è allargata nel 1992, quando si è aggiunto Adriano. Oggi, i due fratelli insieme hanno il potere di tenere in vita i ricordi, saldando oggetti a cui le persone tengono: dal mestolo antico alla dentiera, la gabbia per pappagalli e l’albero di Natale realizzato con i ferri di cavallo. "Oggi però non c’è più la cultura del riparo – segnala Walter –: si tende a comprare tutto nuovo". Lui, che non possiede nemmeno un cellulare, fa fatica a crederci. "Quale sarà il futuro di questo posto? – allarga le braccia – Mio figlio Patrick, dopo gli studi, vorrebbe venire qui, ma mia moglie non vuole e non ha tutti i torti. È un lavoro difficile, i materiali sono diversi e pochi sbagli sono concessi". Ma Walter è un artista come ne esistono ancora pochi. E lui scatta subito: "No, io no. L’artista era mio padre".