Imola, 16 luglio 2019 - "Più forte , più forte: fatevi sentire!". Ai piedi della Rocca Sforzesca di Imola la rockstar incita il pubblico. Domina la scena, l’ugula non mente, il timbro della sua tromba vibra nell’aria, sicura, la croce gli danza sul petto... Aspetta, un attimo. Calma. Ma che ci fa un vescovo davanti a centinaia di persone su un palco, a cantare a squarcia gola? Chissà quanti si saranno posti la stessa domanda vedendo il nuovo pastore della diocesi d’Imola, monsignor Giovanni Mosciatti, 61 anni, originario di Fabriano, nelle Marche, a suo agio tra le note di Battisti e dell’Equipe 84. E pensare che poche ore prima si trovava sotto l’altare della cattedrale di San Cassiano a ricevere la sua consacrazione episcopale.
Eccellenza, come le è venuto in mente di esibirsi in concerto la sera del giorno del suo ingresso in diocesi? (Ride) "Non ho fatto nulla di straordinario per i miei canoni. Anche quando sono stato ordinato prete nel 1986 ho suonato con la mia band, l’Orchestra popolare marchigiana".
Allora è vero che lei è ‘un animale da palcoscenico’? "È più di una decina di anni che con il gruppo mi esibisco in giro per l’Italia. La musica per me è sempre stata una grandissima passione, fin da quando avevo cinque anni e suonavo nella banda del paese. Persino in seminario avevo formato un gruppo".
Ma a quei tempi suonava già con l’Orchestra popolare marchigiana? "Sì, ho iniziato a interrogarmi sulla mia vocazione sacerdotale nel 1979, proprio poco prima di un concerto. Era il giorno della morte di papa Luciani a cui voglio molto bene: ci ha insegnato la bellezza del fare comunità".
Le piace Battisti. Altri artisti della sua Top 10? "I grandi jazzisti americani, da John Coltrane a Miles Davis. La musica è uno straordinario strumento di condivisione".
Quando sale sul palco cosa vuole trasmettere al pubblico? "La gioia dell’essere cristiani, dello stare insieme agli altri sul modello di Gesù; il piacere del far festa in una società che sta perdendo per strada questo concetto o lo declina nel modo peggiore. E invece è possibile festeggiare senza sballarsi".
Non c’è rock senza motori: domenica è salito a bordo di una Ferrari per farsi un giro all’autodromo (foto). "Per la verità, non amo troppo le auto. Tuttavia, appena sono arrivato in diocesi, mi hanno detto che, se volevo la residenza a Imola, dovevo visitare il circuito (ride). È stato molto divertente".
Il Papa ha più volte chiesto ai vescovi di stare in mezzo alla gente. Da questo punto di vista si può dire che lei sia partito con la marcia giusta. "Mi viene naturale farlo. Mi piace stare con i ragazzi, a Fabriano sono stato anche responsabile della pastorale giovanile. Capisco che il concerto e la mia visita all’autodromo abbiano suscitato un particolare clamore, ma nei prossimi giorni mi impegno ad andare anche a Montecatone, dove ci sono sanitari straordinari che aiutano a riprendersi le persone vittime di incidenti".
La rivedremo ancora a cantare con la sua band? "Se ci sarà l’occasione, volentieri. La Chiesa è, e deve essere, ancora di più oggi in una società secolarizzata, prossima agli uomini e alle donne del nostro tempo. Nei momenti di gioia come in quelli più dolorosi. Più con i gesti che con le parole".