Ci risiamo. È iniziato il Festival di Sanremo. C’è chi lo ama e chi, più che altro, lo sopporta. L’appuntamento con il Festival scandisce i nostri anni che passano, anche se io, onestamente, preferisco farlo con l’arrivo della primavera o del Natale. Sanremo è utile perché ci permette di esportare le nostre canzoni in tutto il mondo. Sì perché l’Italia esporta anche quelle oltre ai vini, al cibo e alla moda. Uno dei primi pionieri è stato Domenico Modugno che ha portato “Volare” fino in America, quando era già abitudine consolidata che fossero le loro canzoni a volare oltreoceano da noi. Abbiamo conquistato anche la Russia con la nostra musica, con Toto Cutugno, Romina, Al Bano e Pupo che ha mostrato un’immagine diversa del latin lover italiano. Come ha detto De Gregori, l’invenzione di Sanremo determinò la fine della diffusione della musica tramite il passaparola e inaugurò la comunicazione musicale di massa.
Come tutte le altre cose, anche la musica è soggetta alla moda e le mode, si sa, ritornano ciclicamente nel tempo. Per esempio, i Cugini di Campagna hanno accusato i Maneskin di copiare il loro look. Io poi ci vedo qualche influenza anche nei testi, non so voi. Il problema di Sanremo non è tanto il Festival in sé. Il problema è tutto il chiacchiericcio di esperti e pseudo-esperti con cui ci bombardano nelle settimane precedenti e anche in quelle successive. Basta con tutti questi espertoni, mi volete anche togliere la scelta di apprezzare o rifiutare una canzone con il mio gusto personale? Quello che si cucina al Teatro dell’Ariston, che non a caso si chiama come una vecchia marca di cucine, è composto da tanti ingredienti: cantanti, presentatori, gossip, polemiche, polemiche, polemiche. Ma Sanremo non è solo polemiche e gossip, è anche l’evento da cui spesso escono canzoni che diventano il sottofondo della nostra vita negli anni a venire. A volte, a onor del vero, anche contro la nostra volontà.
Davide Dalfiume, attore
e regista