
Lo striscione del. gruppo di cittadini che si oppone al parco fotovoltaico
Doveva essere convertita in parco naturale a protezione di flora e fauna autoctone e laghetti di laminazione del fiume Sillaro Uno striscione con affaccio sulla via Emilia per rivendicare la promessa di un parco naturale nell’ex cava di via Corlo che rischia invece di lasciar posto a un mega parco fotovoltaico da 16,25 MV.
Fa sentire (e vedere) la sua presenza "ComiCorlo", il comitato che raggruppa i residenti di via Corlo nato l’autunno scorso con l’obiettivo di sensibilizzare la città sul tema della salvaguardia dell’ambiente, e nello specifico quello di un’area che, scrisse al momento della sua fondazione il comitato, "è uno spicchio di natura incontaminato, dov’è tutt’ora presente un altissimo numero di rapaci selvatici, notturni e diurni a partire dall’Albanella fino ai rarissimi Barbagianni", dettagliò il componente del comitato Gianni Mazzuchelli. Il quale diversi anni fa, quando era nella commissione ambiente del Comune, aveva proposto il prolungamento del Parco lungo il Sillaro anche in quest’area, proposta che era stata ben accolta ed appoggiata anche dalla Regione. Ora, però, il potenziale progetto dell’oasi naturale sta lasciando spazio a quello di un parco fotovoltaico, progetto quest’ultimo che sembra stia avanzando rapidamente.
"La conferenza dei Servizi in capo ad Arpae ormai è agli sgoccioli e le istituzioni ci tengono aggiornati con informazioni frammentarie e solo telefoniche", lamentano preoccupati da "ComiCorlo", aggiungendo che "la Protezione Civile ha ribadito nuovamente il suo parere negativo in quanto questa è un’area che da Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico, è regolata dall’articolo 17, secondo il quale non è possibile costruire nulla se non opere idrauliche ed anche le opere di interesse pubblico, non diversamente localizzabili, non devono impedire la futura costruzione di opere idrauliche. L’Autorità di bacino del Po sta rivalutando tutti i dati idraulici in suo possesso, dopo le alluvioni degli ultimi due anni, in modo da poter mettere in atto un progetto idraulico consono: com’è possibile quindi che la Regione autorizzi la costruzione di opere non idrauliche in un’area dove ciò non è consentito?", domanda il Comitato.
I cittadini denunciano anche "la possibile presenza di tre vizi procedurali importanti all’esame delle autorità: in primo luogo la legge, con una sentenza della Corte di Cassazione, vieta la frammentazione dei progetti, e qui sono stati presentati tre progetti interconnessi nella stessa area; in secondo luogo, è necessario chiarire che due parchi fotovoltaici di 42 ettari non possono essere considerati edilizia libera, contrariamente a quanto sostenuto dall’azienda proponente e dall’amministrazione comunale; infine, alcune delle aree in oggetto non sarebbero più ex cave, in quanto da diversi anni sarebbero tornate agricole, quindi non più idonee dal punto di vista urbanistico alla realizzazione di impianti fotovoltaici a terra".
Claudio Bolognesi