Imola, 5 novembre 2021 - Chi perde la testa per una semplice regola e chi dalle parole sembra voler passare in un attimo ai fatti. "Ti spacco la faccia" è forse una delle minacce più ‘gentili’ che tanti operatori dei checkpoint ospedalieri, in questi mesi, dicono di essersi sentiti rivolgere. L’ultimo, proprio l’altra sera con successivo intervento da parte dei carabinieri del nucleo radiomobile. La denuncia arriva dal sindacato Fials, che riporta i timori degli operatori sanitari che ogni giorno controllano – all’ingresso del Santa Maria della Scaletta –, documentazione, temperatura e soprattutto Green pass, degli esterni che vogliono accedere alle corsie. Il possesso della carta verde è da un po’ un requisito fondamentale per avere accesso alla struttura, ma non tutti sembrano capirlo: "Ogni tanto capita che si presenti qualche pazzo furioso – racconta un’operatrice –. I toni si alzano, e si rischia anche l’aggressione fisica, come è capitato l’altra sera a una collega di turno. Abbiamo bisogno di più tutele". Per questo motivo, il segretario aziendale Fials Imola, Stefano De Pandis, ha inviato una lettera alla direzione dell’azienda sanitaria in qui si chiede che "vengano messe in atto le tutele di sicurezza atte a prevenire e tutelare l’incolumità degli operatori adibiti al checkpoint". Nel dettaglio, il primo punto del documento riguarda "intese e protocolli di sicurezza e di coordinamento con le forze dell’ordine". Nel concreto, secondo la Fials, la situazione potrebbe essere risolta, o quantomeno migliorata, con la presenza di guardie giurate (o vigilantes) dedicate; "la presenza di almeno due operatori per turno, così da ridurre le attese e le tensioni per l’attuazione dei protocolli".
Proprio qualche mese fa, l’azienda stessa, dopo episodi di aggressioni e nervosismi ai checkpoint, si era appellata alla coscienza degli utilizzatori dell’ospedale invitandoli a mantenere la calma, vista l’obbligatorietà nazionale del Green pass per accedere in struttura. "I nostri lavoratori – commenta De Pandis – vengono vessati con appellativi di ogni tipo... offese volgari, umiliazioni .... e tanto altro, fino a sfiorare il confronto fisico. Le operatrici, che sono quasi tutte donne, non si meritano questo tipo di trattamento, oltretutto sul posto di lavoro dopo aver sofferto due anni curando i malati di Covid". Ma le richieste del sindacato, all’interno della missiva, vanno oltre. "Una politica di tolleranza zero – si chiede – verso gli atti di violenza (fisica o verbale) ai danni degli operatori". Ma anche una "programmazione e organizzazione di misure tecnologiche strutturali, come le telecamere, per la limitazione di comportamenti aggressivi e azioni di violenza ai danni dei lavoratori".
"Non possiamo permettere che l’immobilismo dei vertici aziendali – chiude il sindacato – comporti l’attesa della prossima vittima, bisogna lavorare uniti allo scopo di prevenire qualsiasi possibile prossimo gesto o atteggiamento violento, mettendo in campo sin da subito tutte le strategie e i mezzi utili a disposizione".