MARIATERESA MASTROMARINO
Cronaca

La fast fashion e il rischio inquinamento: "In Ghana la più grande discarica di vestiti"

I ragazzi delle Aldo Moro illustrano gli effetti dannosi degli abiti non riciclati sull’ambiente: "Serve un cambio di mentalità"

Gli alunni delle Aldo Moro descrivono gli effetti della ’moda veloce’ sul pianeta

Gli alunni delle Aldo Moro descrivono gli effetti della ’moda veloce’ sul pianeta

La fast fashion è il nuovo problema mondiale sull’inquinamento che stiamo affrontando per la prima volta nella storia. Con questa espressione, in italiano ‘moda veloce’, si intende il modo con cui si creano capi a basso prezzo e non si pensa due volte a buttarli. È un termine moderno usato dai rivenditori di moda per esprimere un design che passa rapidamente dalle passerelle e influenza le attuali tendenze della moda. Questo tipo di collezioni di abbigliamento si basa sulle ultime tendenze presentate alla Settimana della moda che si svolge ogni anno in primavera e in autunno. Tutti conosciamo e compriamo da brand e catene popolari, ma bisogna sapere quello che accade anche dietro le quinte, analizzando chi e come produce questi capi.

Ci sono più di 70 milioni di operai sottopagati nelle fabbriche tessili che, nonostante il duro lavoro a cui sono sottoposti sia per condizioni sia per tempo, non hanno la possibilità di vivere una vita dignitosa. Sfruttato anche un elevato numero di bambini, privati dell’infanzia e del diritto allo studio poiché l’istruzione, in numerosi Paesi, è subordinata al lavoro. La maggioranza delle persone che acquista capi ‘usa e getta’ pensa che si riutilizzino per creare altri indumenti ma, in realtà, solo l’1% di questi sarà riciclato. Ma quindi dove finiscono? Accra, la capitale del Ghana, è la più grande discarica al mondo di vestiti: ogni settimana arrivano 15 milioni di capi usati e i cittadini non riescono neanche a vedere la loro stessa terra, perché è sommersa completamente da scarpe e vestiti. Di conseguenza si è verificato un significativo mutamento ambientale, perché il terreno assorbe sostanze come nylon, poliestere e acrilico inquinando le falde acquifere e rendendo infertili i campi.

E quando i vestiti sono troppi, sono costretti a bruciarli, rilasciando fumo che contiene tantissime sostanze chimiche pericolose che hanno effetti mutageni e anche cancerogeni. Aumenta così il tasso di mortalità di tutti i Paesi coinvolti nel traffico dei vestiti "spazzatura". E così, la Fast Fashion è il terzo settore più inquinante al mondo. Affrontare questa crisi significa vietare l’importazione di indumenti non riutilizzabili, limitandola solo ai capi che possano davvero avere una seconda vita. Inoltre, è fondamentale che le grandi aziende di moda si assumano la responsabilità dell’intero ciclo di vita dei loro prodotti, comprese le fasi di smaltimento e riciclo. E noi? Ognuno può iniziare un nuovo movimento cercando di non seguire le tendenze e non acquistare da queste catene o in quantità eccessiva vestiti superflui, ma soltanto capi "basic" che non passano mai di moda. Il modo più consapevole di agire sulla produzione eccessiva nel settore tessile è, per le industrie, produrre il giusto quantitativo di vestiti in proporzione alle percentuali di vendita mensili/annue. Noi e i nostri figli potremmo non avere un futuro e il mondo deve reagire. Bisogna iniziare a pagare equamente le persone sottopagate e che non vivono dignitosamente; garantire un’infanzia, un’istruzione e un futuro ai bambini sfruttati dalle grandi multinazionali. Bisogna imparare ad acquistare con un giusto criterio. Il nostro mondo sta morendo. Noi stiamo soltanto affrettando la fine.

Classe 3.CScuola secondaria di I gradoAldo Moro, Toscanella