REDAZIONE IMOLA

Il dottor Costa racconta: "Senna era un mio mito. Collaborai con lui ma mantenni il segreto"

Il celebre medico dei piloti racconta i campioni del Circus visti da vicino "Alboreto nell’86 si ferì a una spalla: aveva la luce giusta negli occhi, recuperò".

Il dottor Costa racconta: "Senna era un mio mito. Collaborai con lui ma mantenni il segreto"

Il suo nome è scritto nell’albo d’oro del motociclismo al pari di chi ha vinto titoli mondiali. Già, perché Claudio Marcello Costa, per tutti solo ‘dottorcosta’, di allori iridati ne ha vinti parecchi anche senza scendere in pista. Come? Con diagnosi e interventi medici incastonati in quel limbo magico dove la medicina incontra la saggezza psicologica e antropologica. Un posto quasi divino. Ma Costa, figlio di Checco (tra i fondatori del circuito di Imola, ndr), ha sempre avuto le corse nel dna e il suo carisma ha attratto anche i campioni della Formula 1. Uno su tutti, Ayrton Senna. "Sono ricordi che pizzicano le corde della nostalgia perché hanno segnato la mia vita e la mia carriera – spiega il ‘dottorcosta’ –. Senna, che era un mio mito, mi volle conoscere. Ci incontrammo, lui accompagnato dal comune amico e fotografo Angelo Orsi, in un albergo della zona. Il feeling tra noi fu immediato. Parlammo a lungo di allenamenti per la muscolatura del collo e di integratori contro la disidratazione. Riuscì a guarire la sua fastidiosa congiuntivite primaverile".

L’inizio di una bella amicizia mascherata da collaborazione: "Mi chiese di tenere riservato questo nostro incontro anche se io, affascinato dall’aura di un pilota così vicino agli dei dei motori, avrei gridato al mondo la gioia di quel momento – continua -. L’aver tenuto fede a quella promessa, quando il primo maggio del 1994 la morte gli fece visita in modo prematuro, ha alleviato il mio patimento per quel distacco così tremendo".

‘Magic’ ma non solo: "Alla vigilia del Gran Premio d’Italia a Monza del 1986 ricevetti la telefonata del ferrarista Michele Alboreto. Era alle prese con una brutta ferita alla spalla – ricorda Costa -. Mi prelevarono in elicottero, lo visitai in una villa vicino ad Erba e iniziammo subito le cure farmacologiche e fisioterapiche. Aveva la luce giusta negli occhi, sapevo che avrebbe gareggiato".

Le condizioni di salute del pilota del Cavallino, però, erano avvolte da un alone di mistero: "Quando i tifosi della Rossa mi videro scendere dall’elicottero insieme a lui qualcuno esclamò che la mia presenza era già una garanzia di recupero – rivela il medico imolese -. Telefonò Enzo Ferrari che mi disse di sottoscrivere il via libera all’impiego in pista del pilota. Così feci e Alboreto si ritrovò perfino in testa alla corsa prima del ritiro per guai tecnici alla monoposto".

Poi, Nelson Piquet: "Lo visitai al Rizzoli di Bologna per una serie di fratture alle costole a circa una settimana dalle prove della Formula 1 in Brasile – confida Costa -. Mi pregò di seguirlo oltreoceano per il prosieguo delle terapie. Io andai e tutto filò liscio. Prima di imbarcarmi sul volo di ritorno, Piquet mi presentò ai dirigenti dell’aeroporto e raccomandò un trattamento da vip. Fu quella l’unica volta in cui viaggiai in prima classe tra caviale e champagne".

E poi c’è il profondo rapporto con Alex Zanardi. Lo narra con emozione nel suo docufilm biografico ‘Voglio Correre’ che porta in giro per l’Italia. Questa, però, è un’altra storia.

Mattia Grandi