Il sipario del teatro Stignani si alza su Angela Finocchiaro. Da domani fino a domenica, sarà infatti possibile assistere alla prosa "Il calamaro gigante". Tratto dall’omonimo romanzo di Fabio Genovesi e con la regia di Carlo Sciaccaluga, lo spettacolo vede come protagonisti principali Bruno Stori e la Finocchiaro, che ritorna a calcare le scene a Imola dopo sette anni.
Finocchiaro, bentornata a Imola, ci eravamo visti l’ultima volta nel 2017 con "Calendar Girls". Cosa prova a tornare qui?
"Sono molto felice, specialmente di tornare a recitare nel teatro di Imola. E’ un teatro bellissimo, a partire dal palco fino ai camerini. Ed è un luogo dove ci si sente davvero accolti".
Ci racconta un po’ lo spettacolo? Sembra un inno alla vita... "Un po’ lo è, ma è la filosofia di Genovesi, da cui abbiamo trasposto lo spettacolo. Genovesi è sempre molto positivo. Il romanzo si sviluppa su due linee, una quotidiana e una storica, dove ci sono vite eroiche. Noi, nello spettacolo, abbiamo Manfort, malacologo dell’accademia di Francia vissuto nei primi del 1800, realmente esistito. Per tutta la vita, ha cercato di dimostrare l’esistenza del calamaro gigante. Poi abbiamo costruito un personaggio che nel libro non c’è, ossia Angela, una assicuratrice con una routine in cui si sente stretta. La donna viene sbattuta da un’onda e trova Manfort. Comincia un viaggio che li porta tra navi mercantili, militari francesi, polo nord, conventi, di tutto e di più. Il tutto, con una scenografia che muta sotto gli occhi del pubblico".
Come definirebbe lo spettacolo?
"Sia io sia Bruno lo definiamo uno spettacolo visionario. Lo offriamo al pubblico in una modalità giocosa, che si rifà a tanti modelli di teatro che ci hanno segnato nella nostra formazione. Per certi versi, possiamo dire che ci siano degli omaggi al nostro percorso. Insomma, è tutto in linea con la mia sensibilità stilistica".
Lei ha fatto numerose esperienze a livello artistico, di recente si è anche buttata nel doppiaggio con "Oceania": cosa preferisce tra cinema, teatro e televisione?
"Mi ritengo una persona un po’ ’ingorda’ di arte. Quindi, amo tutto. Anche perché un attore è felice quanto può provare cose diverse dello stesso ambito. Il teatro può essere faticoso, perché con la tournè ci si sposta tanto, ma è uno spazio di libertà. Anche il cinema è molto interessante, è sempre un lavoro corale. In quel caso, però, il prodotto è principalmente del regista e bisogna affidarsi a lui. La televisione l’ho praticata un po’ meno, può essere un mezzo stupendo anche quello, anche come spettatori. Io stessa sono una grandissima amante di serie tv".
Cosa si sentirebbe di consigliare a un giovane che vuole intraprendere la strada della recitazione?
"Di iscriversi a una scuola di tradizione. Bisogna incontrarsi con persone che hanno la stessa passione per far nascere dei progetti. In questo momento di dispersione totale, penso che se uno può trovare una terra con cui parlare, condividere, sia importante. Anche se io non ero a una scuola ho frequentato gruppi teatrali, mi sono trovata in un’acqua nella quale ci potevamo confrontare e non essere soli. Trovo importante condividere il proprio sogno e trovare il modo di portarlo avanti insieme".
Francesca Pradelli