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Cronaca

Coronavirus, il convivente è positivo? Uscire non è vietato

Lo stupore di 14 sindaci del Forlivese, che scrivono all’Ausl. Ma l’azienda tira dritto: "Le limitazioni non sono possibili"

Alcuni operatori sanitari indossano le protezioni

Alcuni operatori sanitari indossano le protezioni

Forlì, 4 aprile 2020 - Accade che l’Ausl non dia alcuna limitazione a parenti stretti dei malati di Coronavirus, perfino ai conviventi nel caso in cui il paziente sia tenuto in isolamento domiciliare. Lo sostengono i 14 sindaci del Forlivese (il documento è firmato da tutti tranne che da Gian Luca Zattini di Forlì) in una lettera indirizzata a Roberto Bandini, direttore dell’Igiene Pubblica di Forlì; a Stefano Boni, direttore del distretto forlivese dell’Ausl; e per conoscenza al presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. I sindaci chiedono anche "più tamponi". E "maggior disponibilità e puntualità nell’invio dei nominativi dei soggetti quarantenati e positivi": questo perché "fatichiamo a giustificare la nostra mancanza di aggiornamento". A poche ore dal caso dei tecnici contagiati in via della Rocca, all’Ausl vengono sollevati temi molto simili: l’efficacia delle misure di contenimento del virus e la condivisione delle informazioni strategiche.

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Il punto che i sindaci sollevano è molto semplice: all’interno dei nostri comuni, che sono praticamente tutti di dimensioni medio-piccole, è assai facile che i contagiati o i loro parenti si rivolgano all’amministrazione comunale. Magari per conoscenza diretta. Magari perché è necessario attivare servizi di assistenza domiciliare, per esempio la consegna della spesa da parte delle innumerevoli associazioni di volontariato. E diverse persone, assicurano i sindaci, si sono stupite: "Ma come? Mio marito è contagiato e io posso tranquillamente andare a fare la spesa?". In molti casi i cittadini, coscienziosamente, hanno scelto di rinunciare alle uscite. Che però non sono state vietate dall’Ausl. Per questo, nel loro documento, i 14 comuni chiedono esplicitamente di "modificare il protocollo", affinché "anche i conviventi dei quarantenati siano da considerarsi in quarantena". E magari – sembrano suggerire con l’auspicio di "effetturare più tamponi" – che anche i parenti stretti siano controllati.  

La lettera è stata spedita lunedì 30 marzo. La risposta è arrivata mercoledì 1° aprile, due giorni dopo: "Non ci sono automatismi che impongano l’isolamento a parenti di positivi o a parenti di quarantenati", è la risposta di Roberto Bandini responsabile dell’Igiene Pubblica. Le "direttive", spiega, parlano di "isolamento" per "i soggetti Covid-19, sintomatici o asintomatici, e i loro contatti stretti". La definizione di "contatti stretti" ha lasciato perplesso più di un sindaco. Soprattutto perché nella loro lettera, i 14 comuni facevano riferimento a persone conviventi. Questi non sono definibili come "contatti stretti"? Bandini risponde che questi vengono individuati durante "l’indagine epidemiologica". E che "al momento non è possibile che – replica citando i sindaci – ‘anche i conviventi dei quarantenati siano da considerarsi in quarantena’". Non viene fornita alcuna spiegazione del perché. Eppure sembra del tutto evidente che il compagno di un positivo rischi di essere infetto e, a sua volta, di infettare altri cittadini, anche nell’ipotesi in cui fosse asintomatico.  

Nonostante queste considerazioni, tramite la risposta del proprio dirigente, l’Ausl respinge le richieste dei sindaci. Anche sui tamponi: "Quelli da noi eseguiti rientrano in quanto previsto ad oggi dalle direttive nazionali e regionali", replica Bandini. E sulla richiesta di maggiori informazioni, fa riferimento ai dati condivisi con la Prefettura, ma non è prevista "la specificazione del fatto se l’isolamento è dovuto a una positività o allo status di contatto stretto o al fatto di essere rientrato dall’estero". Nonostante le criticità emerse, l’azienda sanitaria tira dritto.