STEFANO BENZONI
Sport

Fox e Forlì, emozione senza tempo: "Mi fate commuovere, tornerò per i playoff"

L’americano ha vestito la maglia biancorossa per 4 stagioni tra il 1988 e il 1998, con l’indimenticabile promozione del 1990 "La vostra città sarà sempre nel mio cuore e nell’anima. Nessuno mi ha mai accolto come i vostri tifosi, ed è stato ancora così".

Fox e Forlì, emozione senza tempo: "Mi fate commuovere, tornerò per i playoff"

Fox e Forlì, emozione senza tempo: "Mi fate commuovere, tornerò per i playoff"

Chissà quanti, fra i 3416 presenti sabato sera a Unieuro-Tezenis che prima della palla a due si sono alzati in piedi per applaudire e ringraziare un grande americano come John Fox, erano presenti quel mercoledì sera di fine novembre 1988 quando l’ala mancina fece il suo esordio in maglia JollyColombani. Settima giornata di andata di A2, avversaria la Sharp Montecatini di Mario Boni e Andrea Niccolai. Di Fox si sapeva poco. Ultimo taglio dei Chicago Bulls, era arrivato per sostituire Ernst Wansley per far coppia con Greg Ballard. La ‘prima’ di Fox fu di quelle che non si dimenticano: 31 punti e 6 rimbalzi in 33’ con 12/15 da due, 1 su 2 da tre e 4/4 ai liberi (vittoria romagnola 95-87): "La città e i tifosi di Forlì quel giorno mi aprirono le braccia – ricorda Fox – e mi accolsero come mai nessuno aveva mai fatto. Ci siamo abbracciati e a Forlì mi sono subito sentito a casa".

Fox, da quanti anni non tornava?

"Da 13 anni, anche se ero stato ospite a Santa Sofia del mio amico Stefano Colombo".

Perché il ritorno ora?

"Per molte ragioni. Forlì per me sarà sempre casa mia e volevo tornare dopo un viaggio saltato per la pandemia. Poi è successo un fatto particolare. Ero a una degustazione di vini a Ennis, la piccola città del Montana dove vivo. Fra i tanti vini ce n’erano molti italiani. Tornati a casa io e mia moglie Bonnie ci siamo guardati e abbiamo detto: ‘Dobbiamo andare a Forlì’. Abbiamo controllato voli e prezzi, abbiamo prenotato ed eccoci qua".

L’ha trovata cambiata?

"No, è molto simile a parte le tante rotonde che non sopporto. La gente è sempre aperta, simpatica e disponibile e qui mi piace tornare in piazza, camminare per il centro e parlare con le persone".

L’abbraccio che le ha riservato sabato il Palafiera è stato speciale.

"È stato fantastico, un’emozione notevole, infatti mi sono commosso. Il palazzo è sempre uguale ma il contorno alla partita è molto più piacevole e coinvolgente rispetto a quando giocavo".

John, cosa ha fatto dopo il 1998, ultimo suo anno a Forlì e come giocatore?

"Volevo continuare a giocare, infatti avevo in mano un biennale con Fabriano. Ma quando ero in aeroporto e stavo per salire in aereo ho pensato che non era giusto che lasciassi ancora Bonnie a casa con i bambini piccoli, ho sentito che non era la scelta giusta. Così ho rinunciato e ho smesso".

Cosa ha fatto da allora?

"Convinto dal mio allenatore al college, ho cominciato a lavorare per un’azienda farmaceutica e l’ho fatto per 24 anni. Sei mesi fa ci siamo trasferiti a vivere a lavorare in Montana. Per me e Bonnie è sempre stato il sogno di una vita e ora viviamo a Ennis, cittadina con meno di mille persone".

Perché Forlì è così speciale per lei?

"Per molte ragioni. Per la gente che è così simpatica, gentile e accogliente, perché qui si assapora il vero gusto del vivere italiano e per la squadra e il club che siamo stati. Eravamo uniti e legatissimi umanamente con il presidente Achille Galassi, il gm Maurizio Gherardini, tutte le persone della società e i tifosi. Era bellissimo la domenica sera ritrovarci tutti a cena alla ‘Vecchia Forlì’".

Ricorda il suo super esordio al Palafiera nel 1988?

"Non molto. Ricordo che vincemmo, ma soprattutto il calore, l’entusiasmo e la partecipazione della gente che mi conquistò".

La prima fu un’annata difficile.

"Non riuscimmo mai a trovare continuità, troppi alti e bassi".

L’anno seguente fu indimenticabile.

"Il più intenso della mia carriera. Non cominciammo bene, ma la squadra era forte ed ero certo che saremmo riusciti a trovare il modo giusto di giocare. Infatti accadde: fu verso fine stagione, ma fu sufficiente. C’erano ottimi giocatori come Marco Bonamico, Luigi Mentasti e Dean Garrett".

E come allenatore Virginio Bernardi.

"In uno dei primi allenamenti di Garrett il coach comincia a urlare: ‘Breakfast, breakfast!’. Io e Dean ci guardiamo stupiti senza capire. Voleva dire ‘fastbreak’, cioè contropiede, non colazione!".

Cosa ricorda della notte della promozione?

"Tutto. La partita che vincemmo a Fabriano, il ritorno a casa in autobus, la gente al casello dell’autostrada, l’emozione, la gioia da poter condividere con i nostri tifosi".

Poi l’anno in A1 con Bob McAdoo.

"Un’annata iniziata male, infatti nella trasferta di Napoli io e Bob ci infortunammo: lui si ruppe un polso dando un pugno a Blab, io mi infortunai al ginocchio. Tornai negli Stati Uniti a operarmi. Il chirurgo dopo l’intervento mi disse: hai le ginocchia di una persona di 70 anni, al massimo potrai giocare un altro anno. Io ovviamente questo non lo raccontai al club. Poi tornai e per fortuna venni preso sotto le ali protettive di Fabrizio Borra, il nostro massaggiatore. Lavoravamo ogni giorno e grazie a lui, alla vicinanza del presidente, di Maurizio e dei tifosi sono riuscito a giocare ancora a lungo. Ecco un’altra delle ragioni per cui Forlì è speciale".

Cosa significava McAdoo per lei?

"Un maestro e un esempio per me. Mi ha fatto vedere cosa voleva dire essere un giocatore Nba, professionista in tutto e per tutto. E poi non voleva mai perdere nemmeno a carte o a ping pong".

È ancora in contatto con qualcuno dei ‘forlivesi’?

"Mi sento con Maurizio Gherardini, con Marco Bonamico, Davide Ceccarelli e Max Di Santo".

Sabato era a vedere l’Unieuro. I tifosi non l’hanno dimenticata e le vogliono bene.

"Un momento emozionante e toccante che mi ha fatto piangere. Forlì è e sarà sempre qui (e indica il cuore), nella mia anima ed in quella della mia famiglia perché mio figlio maggiore Matthew è stato concepito qui".

Che impressione le ha fatto la squadra?

"Molto buona anche se il gioco è diverso rispetto a quando giocavo io con molto più tiro da fuori, tanti giochi a due e poco contropiede. Non dico sia meglio o peggio, dico solo che è diverso. Però mi sono divertito e ho fatto il tifo per Forlì. Alla fine coach Martino mi ha detto che non devo più mancare. ‘Magari!’, gli ho risposto".

Cosa ne pensa dei due americani di oggi, Kadeem Allen e Xavier Johnson?

"Mi sono antipatici perché mi chiamavano ‘mister Fox’ e mi facevano sentire vecchio... Scherzi a parte sono molto forti. Ho detto loro di godersi al massimo la loro carriera perché il tempo passa veloce e in men che non si dica ci si ritrova alla fine. E di godersi la loro annata a Forlì perché un posto così non lo troveranno mai più".

Fra gli italiani le è piaciuto qualcuno?

"Pascolo. Si vede che è intelligente, si muove bene e ha tecnica. Ha segnato i canestri decisivi ed è stato il migliore".

John, prometta che non lascerà passare altri 13 anni prima di tornare a Forlì...

"No, infatti fra maggio e giugno mi rivedrete. E voglio tornare al Palafiera per vedere l’Unieuro ai playoff".

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