Forlì, 21 novembre 2024 – “È la prima volta, nella storia dell’umanità, che un veicolo spaziale indagherà i cambiamenti generati, nell’orbita di un asteroide, dall’impatto con una sonda lanciata dalla Terra, con l’obiettivo di deviarne la rotta. Queste indagini ci consentiranno di essere pronti, in futuro, a deviare eventuali asteroidi in rotta di collisione con il nostro pianeta”. A parlare è Paolo Tortora, docente di Impianti e sistemi aerospaziali al Campus forlivese dell’Università di Bologna, rientrato recentemente da Cape Canaveral, in Florida; qui ha assistito, assieme al suo gruppo di ricerca, al lancio della missione Hera, avvenuto il 7 ottobre scorso. Dedicata, appunto, alla difesa planetaria, Hera è stata finanziata con circa 300 milioni di euro e sviluppata nell’ambito del programma di Sicurezza spaziale dell’Esa (Agenzia spaziale europea).
La missione vede il coinvolgimento di un centinaio tra aziende e istituti di ricerca europei. Il ruolo più importante, tuttavia, lo gioca il nostro Paese, che ha coperto circa un terzo del budget e fornito metà degli organici. Il gruppo di ricerca guidato dal professor Tortora – nominato, nei mesi scorsi, componente del Consiglio tecnico-scientifico dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) – è impegnato nell’esperimento di radioscienza “grazie al quale – spiega - si determinerà la massa di Dimorphos”.
Per capire cos’è Dimorphos occorre tornare indietro a due anni fa, allorché la Nasa fece schiantare la navicella Dart (acronimo di Double asteroid redirection test) contro Dimorphos, la piccola luna che ruota attorno all’asteroide ‘binario’ (a doppio corpo) Didymos. Un bolide di 600 chili lanciato, alla velocità di 7 km al secondo, contro una massa di 170 metri di diametro. “È come se un moscerino di 0,1 grammi – spiega il docente – colpisse un’auto di una tonnellata mentre viaggia: le dimensioni del moscerino sono irrisorie, eppure, a quella velocità, l’impatto riuscirà a modificare l’andatura dell’auto”. In effetti, la navicella Dart ha ridotto di 32 minuti il tempo necessario a Dimorphos per effettuare un giro completo (un’orbita) attorno a Didymos, modificando, di conseguenza, anche il moto nello spazio di Didymos. “Ora, grazie alla missione Hera, riusciremo a conoscere, nel dettaglio, gli effetti provocati dalla collisione tra Dart e Dimorphos”, prosegue Tortora.
Non finisce qui: una volta arrivata a destinazione, fra due anni, la navicella Hera condurrà esperimenti tecnologici in condizioni di spazio profondo. In particolare, dispiegherà due ‘Cubesat’ – microsatelliti delle dimensioni di una scatola da scarpe – che voleranno più vicini all’asteroide bersaglio e manovreranno in condizioni di gravità ultra-bassa, per acquisire dati scientifici aggiuntivi prima di atterrare. La navicella principale tenterà inoltre esperimenti di navigazione autonoma attorno agli asteroidi, basandosi solo sul tracciamento visivo. Dalla sede del Ciri – il Centro interdipartimentale di ricerca industriale Aerospace di via Fontanelle – il team guidato da Tortora sarà impegnato nel monitoraggio della sonda che trasporta i due microsatelliti e seguirà i collegamenti sonda-Terra e sonda-microsatelliti, al fine di determinare esattamente le traiettorie di tutti questi corpi nello spazio.