Forlì, 11 marzo 2024 – “Mi sono trasformata in un albero”. Proprio come Dafne si tramuta in una pianta di alloro per sfuggire alle persecuzioni di Apollo, anche Sara Pedri, nello spettacolo ‘Le foglie non si riposano mai’ andato in scena per la prima volta sabato al teatro ‘Il Piccolo’, prende le sembianze di un giovane Liquidambar dalle foglie rosse. Rosse come il colore dei suoi capelli.
La famiglia della giovane ginecologa, scomparsa nel 2021 a Cles (Trento), da tempo si batte per cercare la verità e dimostrare che all’origine del suo allontanamento vi siano stati maltrattamenti sul luogo di lavoro (questa è anche l’accusa dei pm trentini nei confronti dei medici che guidavano il reparto, Saverio Tateo e Liliana Mereu; l’udienza preliminare si concluderà tra una settimana).
Con ‘Le foglie non si riposano mai’ i parenti hanno voluto tenere viva la memoria di Sara e lanciare un messaggio di speranza, sublimando l’esperienza della perdita attraverso l’arte.
Centinaia le persone presenti a teatro, dove nel buio della platea hanno ascoltato e scrutato il dialogo messo in scena dal regista Gianni Guardigli.
Il sipario si è aperto con i movimenti sinuosi di Gabrio Gentilini: mentre con le mani raccoglie, da un corso d’acqua immaginario, un velo ceruleo allegoria dell’anima di Sara, le note del duduk armeno scorrono morbide in sottofondo.
Gentilini accoglie sul proscenio Beatrice Balzani, che interpreta la giovane ginecologa scomparsa, donandole il drappo come se volesse restituirle la sua essenza in grado di unire due mondi diversi, quello terreno e l’aldilà.
Da qui, si schiude il dialogo tra Sara, che prende le fattezze e le movenze di un albero, sua sorella Emanuela, impersonata da Silvia Scarpellini e la mamma Mirella, recitata da Monica Briganti.
Le battute, scandite dal flauto traverso di Monica Gatta e dal pianoforte di Martina Cavalieri, richiamano il binomio indissolubile tra il tormento del lutto di chi resta e il bisogno di andare oltre pur mantenendo viva la memoria di chi ha lasciato “la sedia vuota”.
L’opera permette di osservare la tragica scomparsa di Sara dalla giusta distanza, come guardando attraverso le lenti di un cannocchiale rovesciato: il cambio di prospettiva permette di lasciar andare le questioni terrene e di elaborare la morte trasformandola in aiuto verso il prossimo.
Lo spettacolo si chiude su una fotografia di Sara radiosa sul grande schermo del teatro e una voce fuori campo declama una poesia sulle ragioni di chi resta, che suona come un dolce rimprovero: “Perché non hai aspettato primavera?”.
Uno scroscio di applausi, come un lungo abbraccio finale, ha completato una serata intensa e commovente.
Tra i presenti anche l’assessore alla cultura, Valerio Melandri (il Comune ha patrocinato lo spettacolo), la deputata Rosaria Tassinari e il vescovo Livio Corazza.
“Questa rappresentazione – ha spiegato dal palco visibilmente commossa, Emanuela Pedri – è stata fortemente voluta da tutta la mia famiglia, perché la vicenda di Sara ha fatto luce su un tema importante, quello del mobbing. Mia sorella ci parla attraverso le piccole cose e le sue parole vivono ancora attraverso di noi”.
La serata aveva anche l’intento di raccogliere risorse per l’associazione Penelope, che si occupa di persone scomparse in tutta Italia: “I fondi raccolti con lo spettacolo – continua la sorella di Sara – andranno a sostegno anche della neonata associazione Nostos, per aiutare le vittime di persecuzioni e abusi sul luogo di lavoro: io sarò la presidente. Insieme a me in questo viaggio anche Nicodemo Gentile, responsabile di Penelope. Se riusciremo a salvare anche solo una persona, ciò che è successo a mia sorella non sarà vano”.