Niente processo in aula. Si farà l’abbreviato. Che dà accesso allo sconto di un terzo della pena nel caso di condanna dell’imputato. Ossia Oleksandr Zahariuk, 37 anni, ucraino, residente a Forlì fino alla mattina del 22 luglio 2019, quando fuggì dall’Italia per tornare in Ucraina (forse nascosto in un camion).
Quindici giorni prima, all’alba del 7 luglio 2019, in un edificio popolare di via Pantoli, la moglie Zlata, 33 anni, badante, connazionale del marito, era stata trovata senza vita sul suo letto. Zahariuk è accusato oggi di maltrattamenti fino alla morte. In sostanza: l’uomo, possente bracciante agricolo, avrebbe causato il decesso della consorte con percosse reiterate che avrebbero quindi innescato un ematoma al cranio, poi risultato fatale. Maltrattamenti che, stando alle conclusioni della procura di Forlì (pm Federica Messina), dopo una lunga indagine dei carabinieri del comando di corso Mazzini, sarebbero andati avanti fin dal 2008, e si sarebbero consumati nell’appartamento di via Monari che la coppia aveva abitato per sei anni fino a un mese prima della tragedia.
Ieri mattina in tribunale il giudice dell’udienza preliminare Giorgio Di Giorgio ha accolto la richiesta degli avvocati dell’imputato (tuttora latitante in patria, e su cui grava un ordine di cattura internazionale): non si farà il dibattimento in aula con udienza pubblica; la partita si giocherà, il 22 ottobre prossimo, a porte chiuse, sulle carte acquisite fin qui nel corso delle indagini, senza cioè ulteriori prove. Un rito alternativo che non sposta comunque convinzioni e strategie dei legali difensori, Gianluca Barravecchia ed Erika Ferrini: "Continuiamo a sostenere l’estraneità ai fatti del nostro assistito" è la tesi dell’avvocato Ferrini. Che assieme al collega aveva in realtà fatto istanza di un ’abbreviato condizionato’, ossia un rito alternativo con la raccolta di un’ulteriore fonte di prova: una consulenza medico-legale, sui documenti già agli atti, sullo stato di salute di Zlata; la difesa infatti contesta le conclusioni della perizia medicale della procura, stilata dall’esperto Donatella Fedeli, che parlò, all’esito dell’autopsia, di "ematoma subdurale emisferico che determinò il decesso entro 72 ore dall’evento traumatico...". Secondo i difensori, il fisico di Zlata sarebbe stato debilitato – stando a diversi referti clinici in loro possesso – a causa del suo suo etilismo, ossia la dipendenza dall’alcol; una condizione per la quale, nell’ottica difensiva, il decesso di Zlata sarebbe avvenuto per "ragioni non traumatiche". Il giudice ha però rigettato qualsiasi altri esami documentali, ritenendo bastevoli gli accertamenti clinici già agli atti, tra l’altro implementati da un’integrazione della perizia medico-legale della stessa Donatella Fedeli, consulente del pm. Accolte come parti civili la mamma di Zlata, Zinoviya Hrechanna (residente nel Piacentino), assistita dall’avvocato Giuseppina Castronovo, e, per il figlio di 10 anni della coppia (ora affidato alla nonna paterna e al suo compagno, con la supervisione dei servizi sociali), l’avvocato Elena Toni.
Si chiude invece il percorso del coimputato di questa vicenda, il forlivese Valerio Mengozzi, 65 anni, convivente della madre dell’imputato, accusato di aver aiutato Zahariuk nella sua fuga; per l’uomo, difeso dall’avvocato Alessandro Russo, è stata accolta dal giudice la ’messa in prova’, con lavori socialmente utili che estingono il reato.
Maurizio Burnacci