
’Travolti da un insolito destino’ Bocci: "Tornare a vivere? Si può"
Cesare Bocci per molti è Mimì Augello, la spalla del Commissario Montalbano nella celebre serie tv tratta dai romanzi di Camilleri, ma sono decine i personaggi che l’attore ha impersonato, sul piccolo o grande schermo e a teatro. Non solo: dal 2019 è il narratore che accompagna il pubblico in giro per l’Italia nella trasmissione ‘Viaggio nella grande bellezza’. Bocci però stasera sarà all’arena San Domenico di Forlì, al festival di Caterina Sforza, in una veste diversa: insieme alla moglie Daniela Spada racconterà il dramma che ha segnato le loro vite e che, nel 2016, hanno espresso nel loro libro ‘Pesce d’aprile – Lo scherzo del destino che ci ha reso più forti’.
Bocci, di cosa parla?
"Dell’ictus che, il primo aprile del 2000 ha colpito mia moglie. Era la domenica dopo il parto, i primi giorni che trascorrevamo con nostra figlia, quando tutto è cambiato".
In che modo?
"Daniela è stata in coma, poi, una volta svegliata, ha dovuto affrontare una prova enorme, reinventando completamente la sua vita. Ha provato la sconfitta, il dolore, la paura, ma ha trovato la forza per andare avanti. Ha avuto il mio aiuto, ma la parte più dura è toccata a lei".
Sono passati 23 anni. Come è stato questo periodo?
"Sono stati anni faticosi, a tratti difficilissimi, ma anche meravigliosi, pieni di tante cose belle che non ci sarebbero state senza la tenacia di Daniela. Al festival porteremo il racconto di una coppia che vuole trovare il modo per tornare a vivere".
Forlì è da poco stata colpita da una devastante alluvione, perciò parlare di rinascita in questo momento può assumere qui un significato in più.
"Sì, sarà bello. Saremo tra persone che possono capirsi. Daniela usa spesso una metafora: dice che quel giorno del 2000 eravamo una coppia felice che gioca sulla spiaggia, a rincorrere le onde e poi una di quelle onde si è gonfiata e ci ha travolto. Lo stesso, fuor di metafora, è successo in Romagna".
Cercherete il confronto con il pubblico?
"Certo. Spesso, quando portiamo in giro la nostra esperienza, ci capita di parlare con persone che hanno vissuto drammi vicini al nostro e questo ci ha insegnato tanto: quando si vive un’esperienza forte, dolorosa, si pensa che sia una cosa che succede solo a noi. Parlare con gli altri mostra, invece, che condividiamo le stesse esperienze con tanti, facendo emergere un forte senso di comunità. Questo fa sentire uniti e fa passare l’inutile paura che talvolta si prova nel chiedere aiuto".
Sofia Nardi