Le immagini che evoca nel suo racconto sono talmente forti e vivide che pare di rivivere, attimo dopo attimo, l’incubo di quella sera: il Montone che rompe l’argine, la piena che sale, inesorabile, e invade la casa inghiottendo ogni cosa. Grazia Gordini abita, con le due figlie di 20 e 15 anni, in via Pelacano ed è una delle quattro cittadine romagnole premiate ‘ad honorem’, lo scorso weekend a Ravenna, al Guidarello 2023, in rappresentanza dei territori colpiti dall’alluvione.
Gordini, dov’era la sera del 16 maggio?
"Sono volontaria Croce Rossa e quella sera sarei dovuta uscire con i colleghi della Protezione civile per monitorare l’argine. Scesa in strada con una delle mie figlie, mi sono accorta che il fiume era ormai pari all’argine e i tombini non ricevevano più acqua. Ho avuto sentore che il peggio dovesse ancora venire e sono rientrata precipitosamente in casa. In una manciata di minuti è arrivata la piena".
Cos’è successo poi?
"Mia figlia era paralizzata dal panico, impotente contro la valanga d’acqua marrone che si è presa prima la tavernetta, poi ha raggiunto il piano terra entrando dalla porta d’ingresso. Ero sulle scale e cercavo, al buio, di salvare il salvabile, quando ho visto i mobili galleggiare. Ho fatto appena in tempo a trarre in salvo i nostri gatti e ci siamo rifugiate al primo piano".
Lì siete rimaste per due notti.
"Per fortuna avevamo delle bottiglie d’acqua e siamo rimaste lì, centellinando tutto perché non avevamo idea di cosa sarebbe accaduto nei giorni successivi".
Dopo due giorni, finalmente, il livello dell’acqua è iniziato a calare. Che scena vi siete trovate davanti agli occhi?
"Non avevo neppure una scopa per cominciare a pulire, perché gli attrezzi erano nel piano interrato. Tutto ciò che conoscevo e mi era familiare non esisteva più. Non appena è stato possibile arrivare nei pressi della nostra casa in auto, i miei zii sono venuti a prenderci. Siamo rimaste da loro per due mesi e mezzo".
Quando siete riuscite a rientrare in casa?
"A fine luglio. Lo avevo promesso alle mie figlie in quella prima notte dopo l’alluvione: qualunque cosa fosse accaduta, ci saremmo rialzate. Naturalmente, non ce l’avremmo mai potuta fare senza l’aiuto e la solidarietà della gente e di tanti artigiani che mi hanno dato una mano a risanare gli ambienti".
Ha ricevuto dei ristori?
"Ho ricevuto la prima rata del Cis e sono in attesa della seconda. Ho richiesto e ottenuto il contributo per gli sfollati, circa 1.400 euro, e i buoni per la biancheria da casa. Per quanto poteva, il Comune ci ha sostenuti fin dal primo momento. I ristori ricevuti, però, sono ben poca cosa rispetto alle spese già sostenute: nell’alluvione ho perso due auto e ho dovuto chiedere al datore di lavoro l’anticipo del Tfr. È servito a pagare la ditta che ha risanato i muri".
Cosa ricorderà dei giorni successivi all’alluvione?
"Ogni mattina partivo da casa degli zii in jeans e sneakers, arrivavo qui, indossavo gli stivali ed entravo in un altro mondo. Addentrarsi nella parte alluvionata della città era come entrare in un paesaggio lunare allucinante, dove tutto aveva cambiato volto. Il fango era ovunque. Questi eventi ci insegnano che non siamo onnipotenti. Nessuno si salva da solo. Di quelle giornate ricordo gli abbracci, le catene umane, la solidarietà ricevuta da chi non conoscevo. Una ragazza di Bologna mi ha aiutato a spalare e, andandosene, la sera, mi ha detto che aveva lasciato un disegno sul muro. Col fango aveva disegnato una faccia che ride: ora quello ‘smile’ non c’è più ma, prima di pulire l’ho fotografato e incorniciato. Resterà con me per sempre".