Sgabanaza lunedì ha compiuto ottant’anni. O meglio: a compierli è il volto dietro la maschera, quello di Pier Giuseppe Bertaccini, il comico romagnolo per antonomasia, anche se a volte, dopo più di sessant’anni di ‘fratellanza’, non è facile scindere persona e personaggio.
Pier Giuseppe Bertaccini, come ha trascorso il suo giorno di festa? "Una piccola cena con la famiglia. Purtroppo sono reduce da un incidente che mi impone di tenere un busto per tre mesi, tant’è che ho dovuto anche cancellare qualche appuntamento durante le festività. Però a Capodanno ricomincio: Sgabanaza sarà a Rimini".
Quello appena trascorso è un compleanno importante, una cifra tonda che invita a fare qualche bilancio. "Penso spesso alle origini, alla mia vita da ragazzo. Sono nato a Cusercoli nel 1944, nei giorni in cui a Forlì bombardavano San Biagio, terzo di tre figli maschi. Poi, nel 1992, rimasi solo, perché i miei fratelli persero la vita, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro. Io, nel frattempo, mi sposai ed ebbi due figli, poi ne presi uno in affido, cresciuto come fosse mio. Ora ho quattro nipoti, due dei quali piccolini, che ho il compito di andare a prendere a scuola".
Questa è la storia di Pier Giuseppe. Come è cominciata quella di Sgabanaza? "Dai dieci ai vent’anni io studiai in Seminario. A vent’anni, quando era il momento di decidere se farmi prete o no, mi venne qualche dubbio, sentii delle paure, e chiesi di fare un periodo di prova all’esterno. Per sei anni avevo indossato la sottana con ventiquattro bottoni e da un giorno all’altro mi ritrovai in borghese. Ero in borghese da qualche giorno quando mi trovai alla festa delle Comunioni della parrocchia di San Varano. Fu allora che il parroco mi invitò a salire sul palco. Mi disse: ‘Giuseppe, facci ridere’".
E lei ubbidì? "Io in Seminario avevo imparato un certo modo di sorridere delle cose, di scherzare sui superiori… Presi il microfono e mi tornò in mente una storiella che raccontava don Amedeo Pasini che aveva come protagonista questo tale Sgabanaza. La presi come spunto e andai avanti per una decina di minuti impersonando questo buffo romagnolo tartaglione. Al pubblico piacque moltissimo. In seguito mi unii alla compagnia teatrale del Cinecircolo del Gallo, sempre con rappresentazioni in dialetto".
Nel mentre, però, portava avanti anche un’altra professione, ovvero quella di banchiere. "Mio padre era rimasto senza lavoro e mi fu offerta la possibilità di andare a dare una mano alla Cassa Rurale di San Varano. Accettai e feci esperienza. È andata a finire che ho lavorato nelle banche per 39 anni, concludendo la carriera come direttore generale".
Nel frattempo anche Sgabanaza faceva strada. "Quello di comico diventò un lavoro vero più o meno nel 1972, quando ebbi l’occasione di andare in onda su Tele Caveja, una piccola emittente che trasmetteva dal grattacielo di viale 2 Giugno a Forlì. Sgabanaza piacque tanto e cominciarono a invitarmi alle feste dell’Unità, tant’è che i preti cominciarono ad avermi in antipatia perché pensavano che fossi comunista. Nel tempo Sgabanaza volò anche all’estero: a Detroit, ad esempio, dove si è esibito per 1.500 sammarinesi, ma anche in Tunisia. Nel 1993 partecipò a ‘La sai l’ultima’, arrivando secondo".
Proseguì anche l’esperienza televisiva. "Sì, prima ci fu un programma trasmesso a Rimini, poi Teleromagna e infine Videoregione. La trasmissione ‘A treb’ cominciò nel 1975 ed è andata avanti fino a poco tempo fa. Adesso sul canale 99 vanno ancora in onda le repliche".
Perché si è scelto di interrompere le nuove registrazioni? "La diffusione è più ampia, esce dalla Romagna e il dialetto sarebbe poco comprensibile".
Il dialetto è sempre meno parlato anche dai romagnoli. Sgabanaza è ancora compreso dal pubblico? "Ora ho italianizzato gli spettacoli, mantenendo la cadenza romagnola e qualche intercalare in dialetto".
Quelle di Sgabanaza spesso sono battute politicamente scorrette. Come si adatta al cambiare dei tempi? "Devo dire che la maggior parte dei problemi li ho avuti con le battute su Berlusconi: c’era chi si è alzato dal pubblico e ha protestato. Per il resto continuo con le battute classiche che spesso parlano di mogli cattive, sesso e altri argomenti che non possono piacere a tutti. Ho un po’ limitato le barzellette sull’omosessualità: magari ne dico una e mi fermo, quando in realtà potrei andare avanti anche mezz’ora sullo stesso tono".
Dopo così tanti anni insieme, vuole ancora bene a Sgabanaza? "Sì, gli voglio bene, e in questo mi aiuta la soddisfazione che mi dà la gente".