Il pollo romagnolo diventa un presidio Slow Food. Così, dopo la bovina romagnola, la pera cocomerina, il raviggiolo dell’Appennino tosco-romagnolo e la mora romagnola, il sale marino artigianale di Cervia e il carciofo violetto (solo per restare in Romagna), salgono così a diciannove i prodotti dell’Emilia-Romagna certificati dall’associazione internazionale fondata da Carlo Petrini.
Nella terra dove gli allevamenti avicoli industriali rappresentano un settore importante dell’economia, la scelta della Regione è anche quella di preservare le antiche razze autoctone, che hanno rischiato addirittura l’estinzione. Abituato a razzolare in grandi spazi, in grado di volare anche sugli alberi, il pollo romagnolo fino al dopoguerra è stato una presenza fissa nelle aie contadine. Una razza mantenuta e selezionata soprattutto dalle donne, che mandavano avanti fattorie e famiglie contadine. Questa gallina variopinta è uscita di scena con l’avvento dell’agricoltura industriale, perché poco adatta all’allevamento intensivo e di taglia piccola. L’ultimo allevamento è stato trovato nel Ravennate nel 1997 e a quel punto gli allevatori custodi dell’Arvar (l’associazione razze e varietà autoctone romagnole), assieme all’università di Parma, ne hanno selezionato le uova, i pulcini hanno ricominciato a circolare ed è cresciuto l’interesse fra allevatori custodi.
"Il sostegno ai presìdi Slow Food – ha detto l’assessore regionale all’agricoltura, Alessandro Mammi –, capaci di creare cultura e identità, porta avanti un progetto che coinvolge le comunità locali e persegue obiettivi come salvare la biodiversità, tutelare gli ecosistemi e le risorse naturali, tutelare la salute dei consumatori e promuovere filiere eque dal punto di vista sociale. Da qui la scelta di investire risorse in contributi e investimenti per la tutela della biodiversità nell’ambito del Piano di sviluppo rurale promosso dalla Regione attraverso i finanziamenti europei e il sostegno ai Presidi Slow Food del nostro territorio".
A sua volta Raffaello Ponzio, responsabile dei Presidi Slow Food Italia, ha aggiunto che "questo presidio è nato per sostenere un gruppo di allevatori che da anni, per passione, conservano biodiversità. Mettono a disposizione dei loro animali spazi erbosi all’aperto, attendono il tempo necessario perché crescano secondo ritmi naturali, forniscono un’alimentazione basata su granaglie per lo più locali e soprattutto, allevano con rispetto. Questi pochi allevatori rappresentano una piccola, virtuosa economia locale e ci ricordano che la qualità del cibo è legata a una relazione, viva ed autentica, con la natura".
Infine Davide Montanari, consigliere Arvar, ha ricordato che il pollo romagnolo è "una razza rustica, a lento accrescimento, con una spiccata propensione al pascolo e a trasformare sottoprodotti dell’agricoltura; sia per la produzione di carni e uova a guscio bianco di ottima qualità. Le carni sapide e consistenti si adattano a cotture lente, mentre l’uovo ha un tuorlo che costituisce un terzo del peso complessivo". "Siamo veramente soddisfatti di questo risultato – ha affermato la forlivese Lia Cortesi, responsabile dei presìdi Slow Food dell’Emilia-Romagna –, che arricchisce il panorama regionale dei presìdi. Per salvarlo è necessario cibarsene quotidianamente, nel caso del nostro pollo mangiando meno carne, ma di maggiore qualità, e usare poi uova per le nostre, squisite, paste ripiene".