Lo scorso settembre il modiglianese Riccardo Ceroni detto Scherpa (‘scarpa’, in dialetto), nato il 23 dicembre 1940 e quindi da poco 84enne, ha fatto il giro del web con un video che ha registrato oltre due milioni di visualizzazioni in brevissimo tempo, diventando un personaggio famoso. Il suo paese è tristemente noto per il record delle frane: quasi 7mila dopo le piogge alluvionali del maggio 2023 e dello scorso settembre. Nel video Scherpa – iperattivo, curioso, dispensatore di buon umore e positività – ringrazia commosso i suoi ‘burdel de paciug’ per averlo aiutato. I giovani, colpiti dalle sue affettuose parole, lo applaudono e si stringono a lui in un abbraccio collettivo.
Riccardo Ceroni, cos’è successo in quei giorni?
"A settembere ho avuto 17 centimetri di melma nei garage. Per aiutarmi sono venuti una ventina di giovani da Modigliana e non solo. Con le loro mani da studenti delicatissime, ’armati’ di badili, zappe e picconi, hanno lavorato tanto da farsi venire le vesciche, eppure hanno continuato a pulire e a spalare per due giorni, infangandosi fino ai capelli. Tutto per aiutare un ’omarino’ come me che in quel momento era il loro prossimo".
Tutti in paese la conoscono come Scherpa, da dove nasce questo soprannome?
"Nel 1952, quando dovevo ancora compiere 12 anni e a Modigliana c’era una gran miseria, noi studenti andavamo alla scuola dell’avviamento nel Palazzo Pretorio. L’ultima parte di via Viarani era in salita, a sassi molto grossi. Tanti venivano a scuola scalzi anche con la neve e il gelo; altri, me compreso, con scarpe piene di buchi. Con grandi sacrifici, perché mio padre morì a 33 anni quando io ne avevo 6, mia madre comprò un paio di scarponi da sciatore, nuovi e bellissimi, di un ragazzo più grande al quale stavano stretti. Orgoglioso, andai a scuola, e nella salita mi passarono vicino due miei amici. Mi superarono ridendo e io capii che mi avrebbero preso in giro. Infatti quando entrai, mi urlarono: ‘Alè arriva Scarpazon’. Poi diventato Scherpa, più corto".
Ha raccontato di aver pregato suo padre di darle una mano e di essersi ritrovato una ‘foresta di mani’. Spesso le nuove generazioni vengono accusate di indifferenza, invece in questa alluvione sono state protagoniste di grandi gesti di solidarietà. Si aspettava un simile calore?
"I giovani sono il futuro positivo del Paese che noi, col nostro egoismo, abbiamo sottovalutato. Questi giovani hanno gli occhi che brillano di curiosità e di insicurezza. Crediamo non capiscano, invece ci hanno dimostrato coi fatti quello che noi da loro non ci saremmo aspettati".
Una parola che ricorre nel video è ’amore’. Oggi, in un mondo devastato da guerre ed egoismi, lei crede ancora nella forza dell’amore?
"Mio zio Alfredo Samorì, detto Fredino, partigiano e fratello di mia mamma, fu picchiato dai fascisti tanto che subì sette operazioni e stette sei anni in prigione. Quando presero il capo dei fascisti, gli dissero ’adesso Fredino le botte che ti ha dato gliele puoi ridare’. Lui li guardò e disse ’ma io non sono mica cattivo come lui!’. E io non sono come questi che fanno le guerre. Vogliamoci bene che non costa niente: io sono per fare ponti e non muri".
Nonostante questo inno all’amore, non si è mai voluto sposare, come mai?
"Per rispetto dell’altra metà: io, quando ho una voglia, me la voglio levare nel momento stesso in cui la desidero. Se voglio fare un viaggio, prendo la barca. Ma allora non potrei avere un legame perenne: se voglio rispettare l’altra metà, devo darle retta, ma il mio modo di vivere non è così".
La fa soffrire vedere il suo paese, che chiama la sua ‘culla’, martoriato dalle migliaia di frane? Ha fiducia che saprà risollevarsi?
"Per risollevare da terra un peso ci vuole la forza proporzionata per poterlo fare. E finché lo Stato italiano non si mette in testa di usare in queste tragedie persone capaci, ma ci mette della gente a casaccio, non risolveremo mai niente".
Lei ha navigato e girato il mondo in una ’pilotina’: metà anno lo passava a Modigliana e metà in giro. Come mai?
"È vero, io salutavo mia mamma a Firenze il giorno di Pasqua e il giorno dopo partivo e stavo via sei mesi col furgone o in barca, che ho chiamato ‘Speranza’ perché desideravo mi riportasse a casa. Sono andato in pensione a 54 anni dall’officina e sono portato alla manualità, tanto che facevo un po’ di tutto: ero l’operaio personale del capo fabbrica che mi mandava dove c’erano problemi da risolvere".
Il fango è arrivato anche nel suo orto: cosa l’attira ancora lì tutti i giorni?
"Ho 84 anni e sono nell’età del crepuscolo, vado là dove sono felice".
Che effetto le fa essere diventato ‘famoso’? L’hanno cercata in tanti dopo quel video?
"Subito dopo, il vescovo della diocesi di Faenza-Modigliana Mario Toso è venuto a trovarmi proprio nell’orto. Ne ricevo tante di visite. Mi hanno persino fatto una maglietta personalizzata con alcune frasi che dissi ai ragazzi che vennero ad aiutarmi. Queste visite mi mettono ancora più felicità di quanta io ne abbia già in natura. Mi fa solo piacere, anche se io resto Scherpa".