Forlì, 3 agosto 2024 – Stavano andando a Bologna a fare visita alla figlia Francesca di 54 anni. Un viaggio relativamente breve e che, con ogni probabilità, erano abituati a fare spesso ma che, per un triste appuntamento col destino, si è rivelato fatale per Rita Marcheselli e Giancarlo Briganti, entrambi 80enni, residenti a Carpinello.
I due, psicoterapeuti con un uno studio in via Campo di Marte, erano professionisti conosciuti e stimati in città. Lei, precedentemente, era stata anche docente di lettere alle superiori. Lui era stato anche chirurgo all’ospedale di Forlimpopoli.
Nel 1987, un viaggio in Terra Santa con la figlia 17enne aveva segnato una svolta nel loro percorso di vita: “Una pietra miliare nel cammino di conversione che avevamo iniziato in quel periodo”, scrissero i due coniugi nel libro ’La strada della nostra gioia ritrovata’ di don Arturo Femicelli. Così, dopo 18 anni di unione civile, Rita e Giancarlo avevano sentito la necessità di suggellare la loro unione anche di fronte a Dio. Nell’estate di quell’anno la loro promessa fu benedetta a Cana di Galilea, mentra la figlia fu battezzata sul fiume Giordano. Al loro rientro, a fine anno, si sposarono in chiesa e le nozze furono celebrate proprio da don Femicelli.
“Quando era parroco di Santa Caterina nel 1986, Rita e Giancarlo erano entrati a fare parte in quella parrocchia della Comunità Neocatecumenale”, a ricordarlo è don Giovanni Amati, direttore dell’Ufficio diocesano delle comunicazioni sociali, che continua: “Nei 4 anni in cui sono stato parroco a Santa Caterina, dal 2017 al 2021, li ho incontrati quando partecipavano alle iniziative della Comunità Catecumenale. Sempre sorridenti e disponibili, mettevano a disposizione la loro competenza professionale per aiutare le persone che si rivolgevano a loro”.
In un’intervista datata 5 settembre 2013, sul periodico Il Momento, settimanale della Diocesi di Forlì-Bertinoro, i due raccontavano ad esempio la loro esperienza nel fornire aiuto a donne che avevano richiesto l’interruzione di gravidanza.
“Quasi la totalità ne sono rimaste profondamente segnate – spiegava lei – tanto da ricordare a se stesse con rimpianto l’età che avrebbe ora il figlio mai nato”. “Attraverso la terapia – ribadiva lui – cerchiamo di rendere le pazienti consapevoli delle motivazioni che le hanno spinte all’aborto e di rimetterle in contatto con la loro anima, per trovare la forza di perdonarsi ed entrare in contatto con la verità e l’amore”. Le salme dei coniugi sono state portate alla camera mortuaria di Imola. Non è ancora nota la data dei funerali.